di Redazione
"Non era mia intenzione entrare in questo carteggio, ma ne sono costretta essendo stato il mio nome piu' volte tirato in ballo (e non solo come "autrice" del servizio non andato in onda), e finito addirittura sui giornali. Non contesto il diritto del direttore di intervenire sui servizi della testata, e anche di bloccarli, se crede. anzi... E non entro nel merito del servizio "la trattativa", a cui ho lavorato circa tre settimane, concordandone interviste e contenuto con il mio caporedattore Paola Palombaro: diciamo pure che non so scrivere, diciamo pure che sono una pessima giornalista, diciamo pure che sui circa seimila servizi che ho prodotto per questa emittente, questo mi possa essere riuscito male. E forse anche tutti gli altri. Ok, ci sto. Ma, direttore, che bisogno avevi, in una mail di risposta al cdr e inviata a tutti, dico tutti, redattori e dirigenti dell' azienda, di nominarmi, di scrivere "immagino che l'aver dato ampio risalto al fatto sia avvenuto su impulso di Silvia Resta"? Così Silvia Resta, la giornalista de La7 la cui inchiesta sui rapporti tra mafia e stato è stata cancellata scrive al direttore Piroso. "Un'insinuazione che respingo, che tende forse a far dubitare della mia "fedelta" all' emittente, le cui sorti invece mi stanno profondamente a cuore nessun "impulso" e' partito da me, che peraltro lunedi ero di corta. Non capisco poi perche', come se non bastasse, nella email in questione, continui ad accanirti contro di me, con frasi allusive e criptiche (cosa vuol dire il riferimento al G8 del 2001? quali sono i definitivi provvedimenti disciplinari? me ne stai forse minacciando? e perche', di grazia? e cosa vuol dire la riga in cui scrivi "...sia se l'indagato si chiami Silvia Resta"?)
Caro direttore, tu parli di normale dialettica giornalistica: mi piacerebbe ritrovarla. Dialettica giornalistica vorrebbe che ci fosse un dialogo continuo e costruttivo. Dialettica giornalistica vorrebbe (permettimi di dirlo) che la tua porta ogni tanto fosse aperta. cosa che non e'. Dialettica giornalistica avrebbe voluto che tu direttore, o i tuoi gulotta e debbi di turno, avessero parlato almeno una volta con me (almeno una volta) dei contenuti di questo servizio, di per se' delicato e difficile, cosa che non e' avvenuta. Mai avvenuta. Dialettica giornalistica (e anche curiosita' per il prodotto) avrebbe voluto che qualcuno dei vicedirettori dedicati al programma, (o tu stesso) passasse a trovarmi, mentre ero chiusa per 4 giorni in una saletta di montaggio alle prese con papelli e padrini,cosa che non e' avvenuta. Non e' mai avvenuta. Cosi' come non e' avvenuto il controllo finale del prodotto (lavorando in esterno, a montaggio finito, prima del mixaggio del servizio, passa sempre il vicedirettore a controllare. Stavolta no. Come mai?). Per questo omesso controllo hanno pagato i telespettatori (magari dieci, magari mille), che quella sera, dopo averne visto addirittura il promo, aspettavano un servizio sulla trattativa e si sono ritrovati una replica sulle frane,ma per questo omesso controllo, perche' ora devo pagare io?
La tua email sembra un verbale della questura, come se io fossi stata trovata a rubare dalla cassa. Ora, io penso di non meritare questo trattamento. Ho fatto un' inchiesta difficile, in piena solitudine; ho lavorato su argomenti "pallosi" e complicati, ho pensato comunque che fosse "nostro dovere" informare su un tema abbastanza cruciale per la vita pubblica: la trattativa tra stato e mafia. Fornire alcuni punti di vista. certo non tutti. sollevare interrogativi. magari ho compiuto qualche disattenzione, o qualche grave errore: mi accusi di aver sentito "voci di una sola parte": ma quale parte, trattandosi di mafia e antimafia?
Si poteva comunque intervenire, sempre che qualcuno me lo avesse chiesto in tempo utile. In tempo utile. Si poteva anche tagliare quella parte incriminata su Dell' Utri e mantenere il servizio (33 minuti) che conteneva le testimonianze inedite di Nicola Mancino e Vincenzo Scotti. Si e' preferito buttare tutto.
Certo non ho un interesse privato, non prendo soldi dall' antimafia, ne' da Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso che ci ha concesso in esclusiva questa intervista credendo nella nostra emittente,ne' dal procuratore aggiunto Antonio Ingroia, che tu dici essere "di parte"( di quale parte?) non prendo soldi nemmeno dal pentito Spatuzza, che ("non solo del reato") parla, a partire dal'94, di contatti tra i boss e la nascente organizzazione Forza Italia. Dicendo esplicitamente che erano " da prendere con le molle, e al vaglio delle procure", mi pareva utile far conoscere i contenuti di queste dichiarazioni che hanno fatto riaprire in questi giorni le inchieste sulle stragi e che sono peraltro comparse su tutti i giornali.
Posso aver sbagliato, ma non ti permetto di dire che si tratta di "giornalismo militante". Ti ricordo peraltro, che accanto ai tanti codici che regolano la deontologia del nostro mestiere, c'e' ne' uno su tutti: l'articolo ventuno della Costituzione