di Fabrizio Ricci
Tutto è partito da Mohamed Andinor, un rifugiato somalo che vive a Perugia. E' Mohamed che, dopo avermi raccontato in un'intervista la sua terribile esperienza - la fuga da Mogadiscio, la traversata del deserto, la prigionia nelle carceri libiche del “caro amico” Gheddafi, lo sbarco in Sicilia subito prima che iniziassero i respingimenti - mi ha anche detto che a Roma, nell'ex ambasciata somala andava avanti da tempo una situazione assurda, quasi incredibile vista la collocazione dell'edificio, nel cuore della Capitale: la sede diplomatica era diventata da anni un rifugio di emergenza per centinaia di profughi somali, tutti con diritto di asilo politico, ammassati in condizioni drammatiche, senza acqua, servizi igienici, gas, luce. E soprattutto costretti a vivere come fantasmi, con le istituzioni che avrebbero dovuto occuparsi di loro a far finta di non vedere.
Da questo input è partita l'inchiesta di Rassegna.it dello scorso ottobre sui “Fantasmi dell'Ambasciata”, un video che in pochi giorni ha fatto il giro del mondo, venendo visto da circa 50mila persone sopratutto all'estero, in Europa e in Africa.
Ora per fortuna e grazie all'impegno di Articolo21, dell'associazione Migrare, di alcuni parlamentari e di importanti mezzi di comunicazione come Repubblica e Rainews, sembra che un po' di luce riesca finalmente a filtrare all'interno del civico 9 di via dei Villini.
E questo è fondamentale, perché, come hanno sottolineato Beppe Giulietti e Stefano Corradino, questa situazione è “paragonabile a quella di Rosarno” e deve necessariamente indignare l'opinione pubblica finché non sarà trovata una soluzione definitiva.
Su questo punto però vale la pena sottolineare un fatto di cui forse molti non sono ancora al corrente. E cioè che, mentre l'Italia e il suo Governo sembrano non rendersi conto della gravità della situazione o peggio sembrano far finta di non vedere (e il caso dell'ambasciata somala non è l'unico, basta spostarsi a Ostiense per trovare altri esempi clamorosi), altrove in Europa qualcosa si sta muovendo.
Lo scorso 9 novembre il tribunale amministrativo di Darmstadt, in Germania, ha deciso di sospendere il rientro in Italia di un rifugiato politico come avrebbe invece voluto il trattato "Dublino II" che impone a chi ottiene asilo in un paese dell'Ue di restare in quello stesso Paese, per evitare il fenomeno definito "asylum shopping". Ma secondo il giudice tedesco che ha emesso il provvedimento, ci sono "forti dubbi sulla situazione umanitaria dei richiedenti asilo in Italia", in particolare per quanto concerne "la salute e la sistemazione". Una situazione che non sarebbe in linea "con i minimi standard europei". Per questo il rifugiato oggetto del provvedimento è potuto restare in Germania.
In seguito a questa decisione del tribunale tedesco lo "European Council on Refugees and Exiles", una rete di 69 organizzazioni non governative di tutta Europa, che promuove politiche di asilo "umane e generose", ha scritto qualcosa di molto significativo nel suo bollettino ufficiale del 19 novembre scorso: "Ci sono ragionevoli dubbi – dice l'autorevole organismo internazionale - sul fatto che l'Italia offra sufficienti garanzie sui diritti fondamentali delle persone che hanno richiesto protezione internazionale". Quei dubbi, dopo aver vistato l'ex ambasciata somala, sono diventati i nostri stessi dubbi.
La nuttata dell’ex ambasciata di Somalia- di Shukri Said* / Essere rifugiati in Italia. Il dramma dei somali di via dei Villini - di Bruna Iacopino /Al centro di Roma un lager come a Rosarno - di Giuseppe Giulietti e Stefano Corradino / Quel ghetto d'inferno al centro di Roma. Così si accolgono i rifugiati / GUARDA IL SERVIZIO REALIZZATO DA RAINEWS: "GHETTO DIPLOMATICO"