di Mino Fuccillo
da Blitz quotidiano
Che succede, cosa è ovvio e doveroso, conseguente e inevitabile che succeda quando un direttore di un quotidiano scrive che un presidente della Camera si sta organizzando un finto attentato per farne ricadere la colpa su un presidente del Consiglio? Succede, è ovvio, doveroso, conseguente e inevitabile che entro 48 ore al massimo il giornalista che ha reso pubblico questo piano criminale, questo vero e proprio alto tradimento di una delle massime cariche istituzionali esibisca le prove che inchiodano il cospiratore finalmente denunciato alla pubblica opinione, alla magistratura, al Parlamento e alla Presidenza della Repubblica.
E succede dunque che, esibite le prove e i documenti che non si possono non avere in mano quando si rivela una tale delinquente enormità, il presidente della Camera, inchiodato e “fellone” viene costretto a dimettersi, a sparire dalla vita pubblica con ignominia, accompagnato alla porta e in Tribunale da tutto il sistema politico e civile.
Oppure succede, è ovvio, doveroso, conseguente e inevitabile che il giornalista, non in grado di esibire prove e documenti, viene inchiodato dalla sua bugia, dal suo “attentato” alle istituzioni e alla convivenza civile. Inchiodato ed espulso, dal giornalismo a furor di opinione pubblica, la “sua” stessa opinione pubblica che ne constata l’irresponsabile inaffidabilità, la nociva attività. Succede che se il giornalista non ha documenti e prove il suo editore, la sua parte politica lo accompagnano “fuori dal corteo” a salvaguardia proprio della parte politica cui il giornalista fa riferimento. O l’una o l’altra: questo è ovvio, doveroso, conseguente e inevitabile che succeda. Invece in Italia, qui e oggi, succede che non succede nulla.
Maurizio Belpietro scrive su Libero che Gianfranco Fini starebbe lavorando a fabbricarsi un finto attentato ai suoi danni, attentato da cui dovrebbe uscire “ferito”. Stanziati secondo Belpietro per l’operazione 200mila euro, la paga per un “manovale della criminalità” che dovrebbe colpire ad Andria durante una visita ufficiale di Fini. Colpire e poi accusare come “mandanti” ambienti vicini a Berlusconi.
Sceneggiata, scrive sempre Belpietro, messa in tabellone per la primavera, insomma durante la campagna elettorale, anzi sarebbe questa la campagna elettorale di Fini. Scrive ancora Belpietro che una signora dedita alla prostituzione avrebbe accolto e soddisfatto per mille euro “uno come Fini”. E Belpietro aggiunge: “Lo ha detto proprio a me”. Gli uomini di Fini, Bocchino e Briguglio soprattutto, leggono e reagiscono: ricordano l’attentato a Belpietro, un’azione, un tentativo di azione criminale ai danni di Belpietro con tanto di colpi esplosi dal caposcorta contro l’attentatore. Colpi di pistola che non centrano nessuno e nessuno è stato visto da nessuno tranne che dal caposcorta.
Bocchino e Briguglio rinfacciano senza mezzi termini a Belpietro quel sospetto che aleggiò fin dai primi giorni dopo l’attentato: che fosse quello un finto attentato, partorito dalla fantasia del caposcorta. Poi i due parlamentari finiani aggiungono: se Belpietro vuole informarsi sul sesso a pagamento praticato dai leader politici sa dove guardare: ad Arcore e Palazzo Grazioli e non a Montecitorio.