di Adriano Donaggio
E se Angelo Panebianco come politologo fosse superato? Se come politologo, fosse meglio Ruini? Ci sbagliamo senz’ altro, ma il cardinale ha più quadro, più respiro, orizzonti più larghi. E’ più audace nelle analisi, nell’ interpretazione della storia. Anche nei passaggi difficili non batte ciglio. L’ Unità d’ Italia? “Ma fin dall’ 800 nella realtà cattolica e anche in ambienti ecclesiastici si guardava con simpatia e coinvolgimento all’ Unità. A dividere la Chiesa dalla nuova Italia era la questione romana, l’ indipendenza dal potere politico”. Bene. Bravo. Ma se è così, oggi come oggi, la Chiesa può fare a meno dello Stato vaticano che, tra l’ altro, porta con se oggetti di contenzioso, di incomprensione, come lo Ior.
L’ indipendenza dal potere politico è stata pienamente raggiunta, a prescindere dall’ estensione fisica dello Stato vaticano. Semmai è lo Stato italiano, e forse anche qualche povero cristiano, che si pone il problema dell’ indipendenza politica dal potere ecclesiastico, dagli interventi del Segretario di Stato vaticano.
Di un’ intera pagina che il Corriere della sera gli dedica, sono ben pochi gli argomenti religiosi, nemmeno quelli che la carità umana, prima ancora che la pietas, spingerebbe a toccare in un momento delicato come questo. Non una volta ricorre la parola lavoratori, disoccupati, sfrattati, emarginati, poveri, cassaintegrati.
Certo bisogna dare spazio ai giovani perché “la società italiana penalizza i giovani, a cominciare dai bambini”, ma sia anche chiaro che “bisogna educare i ragazzi, fin da piccoli, ad affrontare le difficoltà, e non volerli proteggere da tutto”.
Il primo vero problema è quello della stabilità e delle riforme. Quindi di “una guida che possa essere stabile ma anche in grado di prendere decisioni”. In cosa, affermazioni come queste possano aiutare ad approfondire la vita difficile della fede, non è ben chiaro. Perché dica che le sue osservazioni sono personali e vada ad esprimerle, sempre a titolo personale, dice lui, al TG 1 mentre è in corso un acceso dibattito politico, anche questo non è chiaro al povero cristiano, visto che, come lui stesso ammette, in politica i fedeli sono liberi, di assumere orientamenti diversi. Osserva anche, il venerando cardinale di Santa romana Chiesa, che “Il problema della debolezza istituzionale dell’ esecutivo c’ è fin dall’ inizio, dal ’48. Anche al tempo di De Gasperi – dice - ricordo che ci fu una serie di suoi governi”. Vero, verissimo ma, per caso, non sarà mica successo che il Vaticano e i comitati civici di Gedda ci abbiano messo qualche zampino?
“Non siete troppo accondiscendenti con Berlusconi?”, chiedono i due intervistatori. Precisa il venerabile maestro della Chiesa italiana: “Personalmente non amo dare giudizi pubblici sui comportamenti privati delle singole persone, specialmente quando questi giudizi verrebbero subito letti e interpretati in chiave di lotta politica”. Chissà se il Signor Englaro ha letto questo passaggio dell’ intervista e, se l’ ha letto, cosa ha pensato?
Inutile chiedere al cardinale se comportamenti pubblici di persone pubbliche non diventino, in qualche modo, un modello di comportamento che penetra nella società in modo pervasivo, diventa un comportamento dominante, socialmente accettato e condiviso.
Una volta, sempre sul Corriere della sera, è comparsa l’ intervista a una cantante famosa. Diceva: “ho sempre sognato di affermarmi come cantante, ho sempre pensato a Sanremo. Quand’ ero piccola cantavo nel coro della parrocchia i canti religiosi e pensavo a Sanremo”. Detto in parole povere, questo vuol dire che i valori della società televisiva, del successo, del consumismo, sono così pervasivi che anche se la gente è in Chiesa e sembra essere pia, in realtà con la testa è da un’ altra parte. Francamente, se fossi un porporato, di fronte a una dichiarazione del genere, mi sentirei in dovere di fare una riflessione molto approfondita e lascerei ad altri di occuparsi di alleanze e meccanismi elettorali.
Per un cristiano, l’ intervista, più che discutibile, discutibilissima e secondo molti inopportuna e di parte (politicamente parlando), ha un colpo d’ ala alla fine. Dice il reverendo cardinale: “il Natale richiama specialmente Betlemme, le origini umili e indifese del cristianesimo, la povertà e la debolezza del Bambino che nasce per noi. Questi inizi devono essere una caratteristica permanente. Non possono essere relegati al passato”. E dunque eminenza? Un’ affermazione così non si lascia sulla carta per occuparsi di impropri appoggi politici, di pseudo soluzioni politiche.