di Domenico d’Amati
Secondo Eugenio Scalfari, l’aut aut posto da Marchionne ai lavoratori ed ai sindacati non è un ricatto, ma un’alternativa, perché non c’è dolo e quindi non è configurabile un reato. Se questa dovesse essere la linea difensiva del manager in un ipotetico processo penale per i fatti di Pomigliano e Mirafiore, penso che lo condurrebbe dritto alle Vallette. Ma lasciamo che degli eventuali risvolti penali della vicenda si occupi, se lo riterrà, la Procura della Repubblica e cerchiamo di stabilire se la condotta di Marchionne sia compatibile con i principi di un ordinamento democratico occidentale, il cui fondamento è la libera autodeterminazione dei cittadini nei loro rapporti contrattuali e associativi.
Questo principio è tutelato, nel mondo del lavoro, non solo dallo statuto dei lavoratori, ma anche dal Codice Civile (quello del 1942) e dalla normativa dell’Unione europea che proibisce ogni sorta di coazione e discriminazione, per non parlare dei principi affermati dall’Onu, secondo cui “labour is not a commodity”, il lavoro cioè non può essere mercificato.
Non v’è dubbio che, se il giudice del lavoro potesse procedere d’ufficio, come il procuratore della Repubblica, il marchingegno torinese verrebbe polverizzato in poche udienze. Esso infatti è preordinato a privare il lavoratore della sua libertà contrattuale mediante il brutale meccanismo del licenziamento con successiva riassunzione, sì che per mantenere il lavoro egli firmerà tutto ciò che gli verrà richiesto, compresa la rinuncia alla libertà sindacale. Questa sorta di “alternativa” è lo strumento prediletto dagli imprenditori che puntano, per realizzare profitti, non all’innovazione ma al risparmio sul costo del lavoro. Ricordiamo che il famigerato “collegato lavoro”, nella parte in cui consentiva di inserire la clausola arbitrale nelle lettere di assunzione, è stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica per manifesto contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza. Per non parlate del diktat imposto da Marchionne, con questo sistema, alle organizzazioni sindacali.
La via della resa può apparire, inizialmente, la più semplice e rassicurante, ma si tratta in realtà di una china molto pericolosa. La storia è piena di esempi. Chamberlain fu accolto trionfalmente a Londra dopo avere salvato la pace con la Germania firmando il trattato di Monaco. Ricordarlo non è una esagerazione, perché oggi è in gioco un prezioso patrimonio della nostra democrazia. Per questo, prima ancora di pensare ad iniziative giudiziarie, certamente possibili ma destinate ad essere contrastate dalla minaccia di delocalizzazione, le forze politiche che a quel patrimonio si richiamano dovrebbero impegnarsi con fermezza e soprattutto con chiarezza per opporsi al processo involutivo in atto