di Lorenzo Barassi*
Sono giorni storici per questo paese, non c’e’ dubbio. Come sempre, questi eventi oltre ad essere tragici, sono anche occasioni per cambiare, ripensare, rivedere. Iniziando magari dal rapporto con l’energia elettrica, fino a settimana scorsa sprecata a piene mani, oggi razionata e diventata una coperta corta che non basta per il fabbisogno nazionale. Rivedere il ruolo di Tokyo, troppo ricca di punti nevralgici per la nazione, sarebbe auspicabile e bello, ma altrettanto difficile da realizzare. E’ una situazione complessa, ma non nuova. Il Giappone subisce terremoti di questo tipo ciclicamente. In passato ha avuto intere citta’ rase al suolo dalle scosse. Un abitante di Sendai cha abbia almeno cinquant’anni ha gia’ subito, nella sua vita da adulto, un terremoto molto violento (12 giugno 1978 magnitudo 7.7), ed e’ probabile che ne affrontera’ un terzo prima di morire. Sicuramente cambia le sue abitudini, migliora la sua preparazione, ma di certo non lascia la sua casa.
E noi “stranieri”? Cosa cambiera’ nella percezione che abbiamo di questo paese?
Continueremo a considerarli dei robot senza sentimenti, che la mattina si schiacciano nelle metropolitane a leggere manga pornografici o a dormire, mentre vanno a lavorare in azienda? Oppure ci teniamo l’iconografia dei samurai che non si arrendono mai e delle geishe pronte ad allietarci in ogni momento? O magari ci piacera’ la loro compostezza, parola molto usata nei media italiani in questi giorni parlando del Giappone e che invece, a me fa venire in mente la mia maestra delle elementari quando urlava “State composti!”.
La prima volta che sono stato qui era il luglio 2001, mentre ci vivo stabilmente da quasi tre anni. Dieci anni di frequentazioni, viaggi, incontri, scontri, confronti etc. per poi capire in questi giorni, che io di questo paese e dei suoi abitanti, ne so davvero poco. Sara’ che e’ proprio nei momenti piu’ difficili che si vede la vera natura di una cultura, pero’ e’ da venerdi’ scorso, giorno del terremoto, che sto’ ricevendo delle grandi lezioni di vita dai giapponesi.
Sono ovviamente esseri umani, con le loro debolezze (magari diverse da quelle di un occidentale), le loro paure, la stanchezza e tutto quello che una situazione difficile come questa, porta. Alle persone nei centri di emergenza a Sendai chiedono “Come stai?” e loro rispondono “Io bene. Ma c’e’ gente che e’ messa molto peggio di me, senza una casa o un parente o un corpo da cremare”. In Italia come si chiama questa cosa? Compostezza? Dignita’? A me sembra disciplina, abitudine ad una vita difficile che non cerca sempre la via piu’ facile per risolvere i problemi. Perche’ vivere in questo paese, significa anche perdere tutto per colpa di un terremoto, di uno tsunami o di tifone nel giro di un paio di minuti. Sono secoli che e’ cosi’ e nessuno si stupisce piu’ di questa cosa. La dignita’ non c’entra.
Credo sia arrivato il momento, sopra tutto per chi fa informazione da fuori o non conosce bene questa realta’, di non guardare piu’ il Giappone soltanto come al paese dei manga, della cultura pop, delle perversioni diffuse, del sushi, delle spade katana, della arti marziali e tutto il solito repertorio ben conosciuto (un po’ anche per colpa degli stessi giapponesi, sia chiaro). Smettiamola di darci di gomito davanti a certi comportamenti o abitudini, che ci fanno sorridere ma anche sottilmente sentire superiori.
E' vero: ai giapponesi piace avere tutto sotto controllo, in particolare quello che loro creano. Ma sanno bene che quando la natura si muove, c'e' poco da fare. Non sono dei poveretti schiacciati dagli eventi, ma persone che affrontano l’ennesima difficolta’ senza un lamento, seguendo delle regole che imparano da bambini. Un paese che prima di tutto conta su se stesso e sul suo senso del dovere, a prescindere che ci siano o meno gli aiuti dal governo o dall’estero, perche’ questo e’ un problema di tutti, nessuno escluso.
Cogliamo questa occasione che ci viene data.
* fotografo, residente a Tokyo
questo testo è stato pubblicato il 17 marzo sul suo blog ed è stato modificato dall’autore per Articolo21