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L’Italia che non si piega in piazza con la Camusso
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di Betta Salandra*

L’Italia che non si piega in piazza con la Camusso

Signore e signori questa è «l’Italia che non si piega, non si arrende». Parola di Susanna Camusso, leader Cgil al suo primo sciopero generale, visto da Napoli, dove la manifestazione partita da Porta Capuana, poco dopo le 9.30, ha attraversato le strade centrali della città con un ottima partecipazione. Ma Napoli era solo una delle piazze che si sono riempite ieri per protestare contro la politica economica del governo. Da Torino a Milano, passando per Roma, Bologna, Firenze, lunghi cortei si sono riversati in strada. Massiccia la partecipazione di precari e studenti, i più colpiti dalla crisi. «Noi questo Governo non lo meritiamo - ha sottolineato la Camusso.
 
«Loro pensano che sia una proprietà privata e ci considerano sudditi a cui spremere risorse». Non ci è andata leggera la Susanna dagli occhi azzurri, che ha dato a Berlusconi del bugiardo, facendo la lista delle mistificazioni: «Aveva detto di voler risolvere i problemi qui a Napoli, e invece li sta utilizzando in campagna elettorale per scaricarli sulle istituzioni locali. Sulla Libia è stato detto che l’arrivo di persone che venivano qui in cerca di libertà e democrazia, sarebbe stata una occupazione, solo per creare paura. Un Paese civile - ha affermato - si schiera al fianco e non contro i venti di libertà che spirano nei paesi del Mediterraneo. Poi il  Piano Sud che è stato presentato tante volte. All’inizio avevano detto che si sarebbe trattato di 100 miliardi, poi che erano fondi europei e sappiamo benissimo che nella notte sono continuate le contrattazioni con la Lega Nord per spostare di nuovo risorse destinate al Mezzogiorno in quella parte del Paese». Il sindacato è in guerra: «Saremo in ogni luogo in cui sarà difesa la Costituzione - ha proseguito la Camusso - per difendere la scuola, l’unità del Paese, per la legalità».
 
Lo sciopero si è svolto in maniera pacifica in tutta Italia con pochi momenti di tensione. A Bergamo qualche manifestante ha bruciato in strada una bandiera della Cisl (che ancora ieri plaudeva all’indefinto e vago piano assunzioni nella scuola pubblica). A Roma gli studenti hanno occupato la stazione per poche ore. Nulla a confronto delle provocazioni arrivate dai banchi del governo col ministro Brunetta che ha accusato i manifestanti di voler “allungare il week-end”. Gli ha risposto Nicola Nicolosi, segretario confederale della Cgil: «Brunetta dovrebbe sapere che ad ogni ora di sciopero corrisponde la relativa decurtazione della busta paga. Se ne fosse consapevole, avrebbe certamente evitato di rilasciare ignobili dichiarazioni come quella di oggi. Definire l’adesione allo sciopero come un modo per allungare il weekend significa esternare una pura e semplice fesseria. Un ministro della Repubblica non può essere stupido, eppure certe dichiarazioni possono lasciar intendere il contrario».
 
Nel merito del fallimento della politica economica del governo entra Cesare Damiano, ministro del Lavoro nel governo Prodi, in piazza a Torino: «Il sedicente decreto sullo Sviluppo di marca tremontiana è già naufragato. La risposta dell’Ue sulla cessione per 90 anni delle spiagge ai privati è stata severamente bollata; il copia-incolla di misure, come il credito d’imposta per l’occupazione nel Mezzogiorno, rivelano la strumentalità di questo esecutivo: questo provvedimento, in atto al tempo del governo Prodi, è stato cancellato da Tremonti come dannoso e ora ripristinato; infine il vicepresidente di Confindustria Bombassei, di fronte a queste misure, parla di frustatina. Lo sciopero generale della Cgil chiede una svolta radicale nella politica del governo. Noi condividiamo queste richieste. Un Paese senza risorse per la crescita, è senza futuro».

* dal quotidiano "Terra"


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