di Ottavio Olita
Non son solito leggere ‘il Giornale’ della Famiglia; ragion per cui non sapevo che il 5 luglio, con un titolone a 4 colonne, all’Usigrai – sindacato nel quale milito con convinzione e passione da quando sono entrato in Rai e nel cui esecutivo sono ritornato, eletto dal Congresso di Salsomaggiore dell’aprile 2010 -, definito “soviet sindacale”, è stata data la patente di “vera lobby di viale Mazzini”. Quando alcuni amici mi hanno segnalato l’articolo sono scoppiato a ridere, visto che sono così poco lobbysta da non riuscire neppure a farmi assegnare dal mio Caporedattore le ferie più convenienti per me. Poi, quando ho letto il pezzo, mi sono violentemente irritato per il subdolo messaggio contenuto nel suo non scritto, per quel che il retro pensiero dell’estensore dell’articolo tradiva: sono inutili le vostre dichiarazioni di principio, inutile che sosteniate una riforma credibile della Rai finalizzandola ad un servizio pubblico che privilegi la qualità dei programmi e dell’informazione, scarsi i risultati ottenuti dalla vostra battaglia per una Rai sottratta al controllo dei partiti. Questo perché anche voi fate come tutti gli altri: promuovete gli amici, osteggiate gli avversari. Tanto da essere “il braccio armato della Struttura Beta che tiene in pugno Viale Mazzini”. “Spingono, promuovono, raccomandano, fanno lobby. E guai a chi li tocca”.
Che il collega de “il Giornale” non creda che un sindacato – l’Usigrai come l’Fnsi, evidentemente -, prediliga le scorciatoie alla pratica costante del confronto democratico, è idea diffusa tra quanti son convinti che quel che conta sia la capacità individuale o di gruppi ristretti di far patti con il potere, piuttosto che la ricerca di equilibri più avanzati, frutto di paziente e faticosa trattativa. Ma che si arrivi a definire una struttura di partecipazione democratica strumento di vero potere, al contrario di quello delle “macchiette al telefono” è un insulto all’intelligenza di chi legge.
Sono quelle “macchiette al telefono” che non solo hanno deciso carriere, promozioni, allontanamenti, demansionamenti, ma hanno anche operato a danno dell’azienda dalla quale erano pagate. Danni ai tempi e alla qualità dell’informazione; danni alla sperimentazione di nuovi format, nuovi linguaggi, nuovi metodi di programmazione come è avvenuto con la soppressione di ‘Neapolis’; gravi danni anche nella ricaduta pubblicitaria, visto che la Rai con il 52% di ascolti raccoglie solo il 36 per cento del mercato inserzionistico. Come mai? E’ la lobby dell’Usigrai, o è la truffa praticata nell’interesse del principale gruppo televisivo privato concorrente della Rai?
Perché continuare a sollevare polveroni e cortine fumogene? Basta con le bugie. L’Usigrai ha lanciato un grande progetto che è stato chiamato “Riprendiamoci la Rai”. Riprendiamocela come utenti, come cittadini, come italiani che vivono nel nord, nel centro, nel sud, nelle isole; italiani di qualunque colore e provenienza; italiani di qualunque etnia e religione. Altro che lobby.
E’ questa concezione della chiusura interna a se stessa che sarebbe letale per la Rai. Il Servizio Pubblico deve invece aprirsi alle associazioni, alle comunità ed anche a quelle forze politiche che intendono sedersi attorno ad un tavolo per definire una riforma vera, che cominci dalla ‘governance’, in altre parole sugli strumenti, sul come, sul chi deve gestire, governare l’Azienda.
“Le macchiette al telefono” volevano distruggere la Rai. L’Usigrai sa bene che solo aprendosi alla società, alla cittadinanza, l’Azienda si salverà. E saranno presto messe in campo iniziative di incontro e confronto. Il 12 e il 13 giugno 27 milioni di italiani hanno riaffermato la voglia di difendere e rilanciare i fondamentali beni pubblici e collettivi: l’acqua, il diritto, la salute. Come si fa a pensare che anche la comunicazione e l’informazione – libere e non pilotate – non debbano essere incluse tra quelle necessità primarie ed essenziali?