di Domenico Gallo
Nella lettura al contrario della realtà praticata da larga parte dei mass-media italiani, la decisione della Sezione disciplinare del CSM di sospendere, con una misura cautelare, l’on. Alfonso Papa, magistrato fuori ruolo per mandato parlamentare, dalle funzioni e dallo stipendio è stata letta come una forzatura indebita nei confronti del Parlamento.
Anche perché questa volta, a differenza di altri casi, la maggioranza parlamentare non si è chiusa a riccio per difendere i suoi uomini dal dovere di rendere conto alla giustizia dei loro comportamenti ed è attraversata da un travaglio reale, come è emerso dal voto in Commissione dove è passata la mozione della minoranza, favorevole all’arresto, grazie all’astensione della Lega.
I fatti ci diranno, con la votazione prevista per mercoledì prossimo, se le contorsioni della Lega e di qualche singolo deputato Pdl rientrano in un disagio reale ovvero se sono solo segnali di fumo inviati all’opinione pubblica per nascondere una condizione di complicità e di connivenza reale con i misfatti della via italiana alla politica.
E’ interessante però rilevare che la decisione del CSM falsifica, ancora una volta, la tesi, pervicacemente sostenuta, a destra ed a sinistra, secondo cui la giustizia disciplinare affidata all’istituzione di autogoverno dei magistrati, sarebbe una giustizia addomesticata, se non addirittura “castale”.
E’ su questa tesi falsa che si sono basate tutte le proposte, a partire dalla bicamerale di D’Alema, a finire alla “riforma epocale” proposta da Alfano che mirano a sottrarre al CSM la giustizia disciplinare. I fatti, invece, testimoniano il contrario.
Non solo le statistiche dimostrano che la giustizia disciplinare del CSM è più intransigente di quanto si voglia far apparire, ma i fatti ci dicono che, a differenza di altre pubbliche Amministrazioni o di altri Corpi professionali, l’ordine dei magistrati è stato quello più sollecito nel censurare le deviazioni verificatesi nel proprio interno. Basti pensare agli iscritti alla P2. Solo i magistrati (a differenza di questori, generali e prefetti) hanno avuto delle sanzioni durissime, concretizzatesi, in molti casi nella destituzione. Fino al punto che l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo per l’eccessiva severità della sanzione inflitta ad un magistrato per la sua appartenenza alla massoneria.
La giustizia disciplinare smentisce la falsa ricostruzione dell’ordine giudiziario come di una sorta di casta.
Al contrario risponde sempre più ad una logica di “casta” l’operato delle Giunte per le autorizzazioni a procedere e delle assemblee parlamentari che non solo hanno dilatato a dismisura l’immunità che la Costituzione concede ai Parlamentari solo per le opinioni espresse nell’esercizio delle loro funzioni, ma hanno adottato una prassi consolidata, su cui converge maggioranza ed opposizione, di non autorizzare l’arresto dei parlamentari richiesto dall’Autorità giudiziaria.
Nell’attuale situazione, però, non è solo la logica di casta che tiene banco. E’ evidente che se il Parlamento autorizzasse l’arresto dei parlamentari inquisiti, questa maggioranza si sbriciolerebbe, avendo i suoi uomini “migliori” non pochi conti da regolare con la giustizia.
Questione morale e informazione - di Nicola Tranfaglia