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Rai bene comune
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di Carlo Verna*

Rai bene comune

Un'icona delle privatizzazioni come Margaret Thatcher lascio' senza resistenze la BBC nell'orbita pubblica. In una fase di trasformazione del sistema con concorrenza multipiattaforma i servizi pubblici sono chiamati a disegnare per loro un nuovo ruolo ancor più' incisivo. Essere unici come all'epoca dei monopoli era compito semplice,tutti i cittadini ti percepivano,la tv totem di quegli anni s'identificava nei vari Paesi con le diverse sigle e in Italia con la Rai. Guadagnare centralita'e' ben più' difficile. Per farlo, pero', occorre recuperare anzitutto lo spirito originario. Andare insomma parafrasando Proust alla ricerca del pluralismo perduto. Il modello della verita' che nasce dal confronto fra le sue diverse rappresentazioni e' in crisi da tempo soprattutto in quel core business delle aziende radiotelevisive costituito dall'informazione. La polarizzazione da noi e' stata letale,andando ben oltre i mali gia' causati dalla lottizzazione.Plasticamente il caso Tg1evidenzia l'inadeguatezza della governance della Rai,che la legge Gasparri ha posto di fatto sotto il controllo del governo di turno. Minzolini sembra sostenersi con le bufere che lui stesso determina. I muscoli e i voti in consiglio di amministrazione che mancano per poterne consentire la logica sostituzione sono in qualche modo specchio di quel che e' accaduto venerdì' in Parlamento con Berlusconi. Il "direttorissimo" come il suo mentore. In nessun modo i vertici di viale Mazzini riescono a dare risposte ai nodi strutturali,a riorganizzare l'azienda costruita intorno all'offerta generalista e ora alle prese con la sfida del digitale e la moltiplicazione dei canali. La limitatezza dell'etere come il muro di Berlino. Ora che non c'e' più' e' cambiato tutto,ma e' rimasta quasi uguale la Rai prigioniera di giochi e giochetti,veti incrociati,feudi da difendere in nome e per conto del partito che ha conferito il ruolo. Si litiga sull'esistente naturalmente e non c'e' tempo di pensare al nuovo. Una cartina al tornasole e' il web. Rai ha la potenzialita' e aggiungo il dovere di conquistare il primo posto su internet ma siamo all'annozero (ahi quale altro tasto dolente ho toccato! Eppero' i dieci euro che avrei dato da cittadino a Santoro,li destinero' ad altra causa di liberta' d' informazione  perche' servizio pubblico,il nome che lui ha scelto, coniuga sempre intrinsecamente il plurale e non puo' essere appannaggio di una sola persona o di un sol gruppo ).Ma tutta l' offerta informativa andrebbe rimodulata, siamo noi del sindacato i primi a dire che l'attuale numero di testate e' ridondante.Neanche le cose semplici come l'accorpamento di Gr Parlamento al Giornale Radio o a Rai Parlamento questo gruppo dirigente e' stato in grado di fare e temo che senza l'autonomia e l'autorevolezza che nasce dall'indipendenza nulla mai si potra' fare di cio' che e' necessario ed urgente. Ecco perche' prima di entrare nel tema su come riorganizzare l'azienda e' indispensabile creare le condizioni perche' qualcuno possa veramente farlo.Anzitutto occorre individuare chi possa farlo e da chi debba ricevere mandato."Riprendiamoci la Rai",la campagna che l' Usigrai ha lanciato insieme alle altre sigle di dipendenti di viale Mazzini vuole sensibilizzare sulla questione servizio pubblico uguale bene comune.Abbiamo offerto un titolo e una partecipazione dall' interno,ma il protagonismo vogliamo lasciarlo ai cittadini.Insieme per dire via i partiti dal governo della Rai e rivendicare nuove regole con fonti di nomina diversificate per consentire all'azienda di essere libera e di garantire liberta' editoriale ed autoriale.L' attuale consiglio di ammnistrazione scade a marzo prossimo e  dunque per evitare che continui la paralisi bisogna fare presto. La gente,gli utenti  che dovrebbero essere i veri editori di riferimento ci stanno seguendo.Folla, con partecipazioni qualificate,  a Roma e a Trieste alle manifestazioni itineranti, associazioni di cittadini che raccolgono firme, redazioni che preparano manifesti. E a mio giudizio,le nostre radici gia' ci offrono quel che cerchiamo.L' ho sottolineato intervenendo a Bologna alla presentazione del libro postumo di Emilio Rossi:"E' tutto per stasera ". Il   vero attuale manifesto del servizio pubblico potrebbe essere quel che nel 1975 proprio Rossi scrisse nel piano editoriale del Tg1: "Dovra' essere fatto uno sforzo serio per mandare in onda un Telegiornale ben fatto,cioe' funzionale, rigorosamente corretto,pluralisticamente aperto,ospitale, senza reticenze, senza steccati confessionali o ideologici, senza compiacenti strizzate d' occhio verso chi    e' piu' potente o chi e' piu' alla moda, un Telegiornale che sia rispettosamente al servizio della gente.Questo sembra essere anche un modo giusto di intendere la "laicita'" del Telegiornale : cioe' il suo non essere strumentalizzato, il suo avere un valore in se', nella sua intrinseca rispondenza ad una libera,civile funzionalità, anche se riferibile poi, a seconda delle convinzioni di ciascuno, a piu' alte ragioni".  Proprio perche' l' oggi e' sotto gli occhi di tutti, il pensiero di Rossi aiuta a mettere a fuoco il bene comune di cui i cittadini devono riappropriarsi.

* Segretario Usigrai - Pubblicato su "l'Unità" - 16 ottobre 2011


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