di Lelio Grassucci
Con la Legge di stabilità avviate alla chiusura le vere testate cooperative, non profit e di partito. Il Governo con la proposta di Legge di stabilità, da oggi in discussione al Senato, ha tagliato 75 milioni al Fondo Editoria. Se si tiene conto del rateo da pagare a Poste spa per un vecchio debito della Presidenza del Consiglio e del costo della convenzione con la Rai (cosa c’entrino queste due voci con il Fondo Editoria continua a restare un mistero) per i contributi diretti restano poco più di 25 milioni da ripartire fra tutti gli aventi diritto. Si tratta più o meno del 15% dell’erogazione dello scorso anno. Se non si pone riparo a tale tragica decisione sarà un massacro, quale non si è mai visto nella storia di questo Paese, neanche nei tempi più bui. Un attacco al pluralismo ed alla qualità dell’intero settore. Un danno per tutti cittadini.
Scompariranno testate che raccontano la vita delle comunità locali e che sono voci essenziali per garantire un’informazione pluralistica anche nella provincia italiana, evitando un deleterio appiattimento sul potere locale. E chiuderanno i battenti testate nazionali, anche di grande valore culturale riducendo il controllo, libero ed indipendente, del potere centrale e diffuso, cancellando la possibilità di dare presenza e voce a forze sociali rilevanti ed a orientamenti politici e culturali, largamente presenti nella società italiana, con danno grave per la democrazia e per la ricerca dialettica di una verità possibile.
Non è possibile cancellare un modo diverso di fare informazione. Non è possibile sancire che l’unica proprietà editoriale sia quella delle banche e dell’industria. L’informazione è un prodotto delicato che non può essere lasciato alla pura logica del mercato come una merce qualunque.
Stupisce il cambiamento di posizione della FIEG: sta conducendo una battaglia contro l’intervento pubblico nell’informazione. Al di là della contraddizione tra questa posizione ed il fatto che alcuni suoi associati, per nulla irrilevanti, hanno accesso al sostegno pubblico, Fieg non si rende conto che con l’azzeramento del Fondo la qualità e lo spessore del pluralismo subiranno un colpo durissimo? Che scompariranno 500.000 copie giornaliere in un mercato calante, giunto in questo Paese al limite della decenza? Che si perderanno 4.000 posti di lavoro, tra diretti ed indiretti, con rilevante onere per lo stato per gli ammortizzatori sociali, senza considerare le conseguenze per gli istituti previdenziali del settore e per lo stato a causa dei mancati introiti da imprese che realizzano almeno mezzo miliardo di giro d’affari ( IVA, IRPEF,IRAP,IRES …)?
E’ giunto il momento perché il Governo ed il Parlamento si assumano fino in fondo le loro responsabilità. E il problema non è solo quello di introdurre ulteriori norme di rigore e trasparenza, che più volte abbiamo avanzato e che ancora in queste ore abbiamo riproposto, ma il problema è quello di sapere se il Parlamento possa ignorare il colpo che il Governo sta assestando al sistema dell’informazione ed al pluralismo.
FNSI, Articolo21, Mediacoop, Federcultura, FISC, Comitato per la libertà dell’informazione, della cultura e dello spettacolo e Media non Profit hanno convocato per giovedì 27 alle ore 13.30 presso la Sala Nassyria del Senato della Repubblica, una conferenza stampa per chiedere al Governo ed al Parlamento di: a) intervenire subito consolidando il Fondo Editoria ai livelli del consuntivo dello scorso anno; b) introdurre, da subito, un tetto ai contributi commisurato al numero dei dipendenti che consentirebbe un risparmio di circa il 20% annuo; c) destinare questo risparmio, da un lato all’informatizzazione della rete di vendita, dall’altro al sostegno della transizione verso l’on line.
Sono stati invitati numerosi parlamentari che hanno assicurato la loro presenza. Parteciperanno giornalisti, poligrafici, direttori e responsabili di alcune testate interessate.