di Federico Orlando
Ed ora cosa sarà delle nostre famiglie di “borghesi lavoratori” o, come si dice, ceto medio produttivo? Domenica sera abbiamo ascoltato il discorso di Monti agli italiani e la lunga conferenza stampa dei suoi ministri, come gli inglesi ascoltarono settant'anni fa “Il discorso del re” : lacrime sudore e sangue, in cambio della libertà e della dignità umana di quelli che sopravviveranno. La commozione della ministra – costretta, contro la sua morale, da una morale superiore, a entrare in un dramma altrui - ha spiegato, più dei ragionamenti, che si stava parlando di carne umana. E, fatto salvo il dovere di mettere al riparo prima i più deboli, come anziani poveri o malati e giovani allo sbando, ci siamo chiesti se resterà qualcosa, dopo le bombe sui “soliti noti”, di ciò che abbiamo costruito nella nostra vita (i “Sessant'anni di sacrifici a rischio”, evocati da Monti), e cioè il piccolo benessere, cui si accedeva per la prima volta dopo secoli, poi negli ultimi vent'anni la trasformazione di quel benessere in welfare di tre generazioni: quella nostra, che ne avevamo gettato le basi, quella dei nostri figli, che anche su quelle basi avevano fondato le loro famiglie, quella dei nostri nipoti che ormai solo al welfare familiare debbono la possibilità di godere gli anni rosei della vita, arrivando alla laurea, al lavoro, alla famiglia, senza i nostri antichi salti mortali.
Per carità, se io fossi un deputato o un senatore, pur col dubbio che la salvezza della repubblica ci potrà seppellire sotto le macerie con cui tre generazioni la pagherebbero, non esiterei un attimo a votare la conversione in legge del decreto salva-Italia: perché, quand'era tempo di apprendere, insegnavano che salus rei publicae suprema lex, e le norme apprese da ragazzi si ricordano, a differenza dello sciame informativo che ha invaso il cervello la sera o il giorno prima. Salvare la repubblica nonostante i “malfattori e fannulloni” che non pagano mai, come grida un professore siciliano sul Corriere della sera, dove continua la campagna d'odio (eterogenesi dei fini) contro le istituzioni politiche e parlamentari, offrendo altri dogmi a un paese che non le ha mai amate: al punto da preferire il fascismo e il berlusconismo.
Io vorrei solo sapere dal governo quale sarà il destino, personale e di generazione, non dei “nonni”, che, dopo la ricostruzione, hanno concorso al benessere e al boom, risparmiando lira su lira, buttandosi a corpo morto su qualsiasi lavoro e anche su più di un lavoro; accogliendo le sollecitazioni dei governi a farsi - dopo secoli di “ricoveri o tuguri” (Censimento Istat 1951) - con mutui di favore, le nuove case e casette di cartapesta o cemento, nei nuovi quartieri cittadini, o nelle “città” satelliti o al mare, come prime o seconde case; ad acquistare l'automobile che, diceva l'avvocato Agnelli, “Ha dato agli italiani il sesto senso”, la velocità, che permette non solo una generica mobilità ma uno specifico pendolarismo tra la nuova residenza lontana e il luogo di lavoro (“con tanta gente che lavora, con tanta gente che produce”, ironizzavano il milanese Gaber e il pugliese Celentano, forse nostalgici di un mondo troppo rapidamente soppresso)...
Sanno i ministri - certamente lo sanno -quante di quelle seconde case sono diventate di fatto prime case per i figli (dico di fatto perché tasse, condominio, servizi continuano a pagarli i genitori acquirenti, cioè i “nonni”: così permettendo ai “ragazzi” di crescere al meglio i loro figli, nipoti dei nonni lavoratori risparmiatori e pagatori). Sanno quindi che in un paese come l'Italia, il rapporto padri-figli non si scioglie a 18 anni come in America, e che milioni di famiglie anche disciolte moltiplicano attorno a sé quelle neoplasie benigne che sono la grande famiglia: cioè l'opposto del familismo amorale, perché non mette nessun membro a carico della società, ma tutti e tutto a carico del risparmio privato, del welfare familiare. E dunque i nostri ministri sanno anche che, essiccando le fonti di quel risparmio, per pagare prime e seconde Ici, nuove accise sulla benzina, nuovi tagli alla sanità pubblica, si recidono le radici di quel welfare: che, se crolla, trascina con se non una ma tre generazioni che portano lo stesso cognome.
Mi fermo, perché anche lo spazio del giornale è poco. Ma, ribadito che da cittadini faremo il nostro dovere come sempre, considerino un po' i ministri se, arrivati anch'essi alla loro non più verdissima età, si vedessero contestare come corpi di reato la prima casa e la seconda che magari accoglie i figli o i nipoti non ancora in grado di acquistarne una; la dichiarazione fedele dei redditi, che trasforma il ceto medio produttivo in prima fascia di contribuenti, con la stessa aliquota dei nuovi santi ed eroi (navigatori, trasvolatori, costruttori, evasori, padroni di patrimoni smisurati, professionisti dalle parcelle d'oro in nero); il regalo dell'utilitaria ai ragazzi per studiare e domani lavorare, se accise bolli e assicurazioni permetteranno. Passi per i “nonni”, superati contemplatori delle macerie, ma figli e nipoti, borghesi lavoratori anch'essi o aspiranti tali, che fine faranno? Chi esprimerà le nuove volontà morali, se la minoranza che le esprime sarà prostrata?