di Giuliano Garavini
Nel suo ultimo bel libro sui paradossi della globalizzazione, l’economista di Harvard Dani Rodrik descrive in questo modo il trilemma che si trova ad affrontare l’economia mondiale: democrazia, sovranità nazionale e globalizzazione economica sono obiettivi che possono essere perseguiti solo a coppie. Dice Rodrik che se si vuole perseguire l’iperglobalizzazione economica e mantenere la sovranità nazionale, bisogna rinunciare ad elementi sostanziali di democrazia. Se si vuole salvare la globalizzazione e garantire allo stesso la possibilità di scelte democratiche, bisogna rinunciare alla centralità della nazione in favore di autorità democratiche globali. Se invece si intende salvare lo Stato nazione e la democrazie politica, allora bisogna rinunciare all’iperglobalizzazione e limitarne l’azione in alcuni settori.
Quest’ultima scelta, in considerazione della diversità delle preferenze sociali e culturali fra i popoli del mondo che impedirebbero una vera e propria democrazia globale, è la soluzione preferita da Dani Rodrik. Il trilemma descritto qui sopra, applicato a quell’esempio di sistema economico regionale e sopranazionale per eccellenza che è l’Unione europea, spiega al meglio le diverse alternative che si presentano oggi ai cittadini europei. Anche nell’Unione europea, Stati nazionali, democrazia politica e Mercato unico imperniato sull’euro, non possono essere perseguiti tutti e tre allo stesso tempo, ma solo a coppie.
Se infatti si vuole salvare il Mercato unico (e con esso l’euro) e allo stesso tempo la sovranità nazionale bisogna rinunciare a quote significative di democrazia politica. Rodrik chiama questa opzione quella della “regola aurea”: un meccanismo in cui per sopravvivere i governi nazionali dovrebbero perseguire solo politiche adatte ad attrarre capitali e a godere della fiducia dei mercati, e dunque gli ambiti delle scelte democratiche sarebbero estremamente limitati.
Se, al contrario, si vogliono mantenere partecipazione democratica e Stati nazionali bisogna rinunciare all’euro e al Mercato unico e ritornare al tempo del “Mercato comune” – al modello di integrazione europea esistente fino metà degli anni ’80 – in cui non vi era piena libertà di movimento dei capitali e gli Stati potevano proteggere, in caso anche legiferando in autonomia, le caratteristiche essenziali dei propri compromessi sociali e dei servizi pubblici. Se, in ultimo, l’obiettivo è quello di preservare l’euro e allo stesso tempo la democrazia partecipativa, bisogna necessariamente sacrificare quote sostanziali di sovranità nazionale.
Occorre cioè creare un governo democratico e federale dell’economia che possa legiferare in materia di politica economica e non solo. L’illusione che questo trilemma in realtà non esista sta facendo prevalere nei fatti la prima opzione. Deve essere chiare che il percorso tracciato da Merkel e Sarkozy il 9 dicembre a Bruxelles, e appoggiato dall’attuale governo italiano, va esattamente nella direzione di ridurre, fino a renderli inconsistenti, i margini delle scelte democratiche. Norme di bilancio rigide, decise attraverso accordi intergovernatativi e gestite da entità sovranazionali come la Corte di giustizia di Lussemburgo (Maastricht 2), diventeranno tavole delle legge sulle quale nessun potere democratico potrà incidere. Gli stessi trattati intergovernativi prevederanno modifiche della Costituzione – in primo luogo quella del pareggio del bilancio – avverando l’impensabile di accordi fra governi che modificano il patto sul quale si fonda il rapporto fra Stato e cittadini.
Sul mercato del lavoro, la tassazione, le privatizzazioni, i popoli europei dovranno accettare che i governi europei mettano semplicemente lo stampino a quanto loro richiesto da organismi non eletti come la Commissione europea e la Banca centrale o del tutto imperscrutabili come i mercati. Di fronte a tutto ciò occorrono massicce mobilitazioni sociali che siano in grado di bloccare questo processo e la più larga alleanza possibile fra le forze politiche, intellettuali e sociali di tutti i paesi europei. Tale sussulto di dignità e partecipazione non potrà prescindere da una dura opposizione al governo di Mercozy e Monti e dovrà mirare a far prevalere, contro ogni tentazione autarchica, l’opzione della salvaguardia dell’euro e allo stesso tempo dello spostamento a livello europeo di alcune scelte democratiche, con la creazione di un governo federale dell’economia. Questo governo dovrà legiferare sulle politiche di bilancio, sul fisco e sugli standard del lavorativi, ma dovrà anche promuovere una salvaguardia dei beni comuni europei contro la loro progressiva privatizzazione e il loro svilimento.