di Flavio Lotti, Aluisi Tosolini*
Se vuoi la pace, investi sui giovani. In occasione della Giornata Mondiale della Pace il Papa lancia un chiaro appello a tutti: se vogliamo costruire un futuro di giustizia e di pace dobbiamo aprirci ai giovani, saperli ascoltare e valorizzare. E poi precisa: “Non è solamente un’opportunità, ma un dovere primario di tutta la società”. Le sue parole sembrano riecheggiare quelle del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che solo un anno fa, nel messaggio di Capodanno, aveva sollecitato tutti a “investire sui giovani, scommettere sui giovani, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità.” Vista la scarsa considerazione di cui godono i giovani nel nostro paese, si tratta di un vero e proprio monito a cambiare strada. Alla fine di un anno (il 2011) che ha visto l’irrompere sulla scena internazionale di centinaia di migliaia di giovani decisi a ottenere il rispetto dei loro fondamentali diritti, il Papa coglie sino in fondo il valore di questi sommovimenti e sollecita “la dovuta attenzione in tutte le componenti della società.” I giovani sono la metà della popolazione mondiale, quasi tre miliardi e mezzo di persone, e le loro speranze, ambizioni e volontà di migliorare la propria vita rappresentano una straordinaria forza di cambiamento: “il loro entusiasmo e la loro spinta ideale possono offrire una nuova speranza al mondo”. Benedetto XVI ribadisce l’atteggiamento della Chiesa che “guarda ai giovani con speranza, ha fiducia in loro e li incoraggia a ricercare la verità, a difendere il bene comune, ad avere prospettive aperte sul mondo e occhi capaci di vedere cose nuove”. Ma poi si rivolge a tutti: genitori, famiglie, educatori, responsabili nei vari ambiti della vita religiosa, sociale, politica, economica, culturale e della comunicazione. E lancia un secondo chiaro appello: “Uniamo le nostre forze, spirituali, morali e materiali per educare i giovani alla giustizia e alla pace”. Il messaggio è chiaro:
1. i giovani devono diventare operatori di giustizia e di pace,
2. per questo è indispensabile investire sulla loro educazione e formazione,
3. per essere operatori di giustizia e di pace dobbiamo “educarci alla compassione, alla solidarietà, alla collaborazione, alla fraternità, essere attivi all’interno della comunità e vigili nel destare le coscienze sulle questioni nazionali ed internazionali e sull’importanza di ricercare adeguate modalità di redistribuzione della ricchezza, di promozione della crescita, di cooperazione allo sviluppo e di risoluzione dei conflitti”,
4. l’educazione necessita di “autentici testimoni e non di meri dispensatori di regole e di informazioni”; testimoni coerenti che vivono per primi il cammino che propongono,
5. educare è una responsabilità di tutti e nessuno può eludere questo impegno essenziale: famiglie, scuola, università, mass media, associazionismo, enti e istituzioni,
6. anche “i giovani sono responsabili della propria educazione e formazione alla giustizia e alla pace” e dunque non devono essere considerati soggetti passivi ma co-protagonisti,
7. educare è bello ma difficile, specialmente di questi tempi e dunque è necessario sviluppare una nuova "alleanza pedagogica" di tutti i soggetti responsabili,
8. ogni ambiente educativo deve essere “luogo di dialogo, di coesione e di ascolto, di valorizzazione dei giovani, di apertura agli altri, di solidarietà e partecipazione attiva”,
9. i responsabili della politica debbono sostenere concretamente le famiglie e le istituzioni educative e devono “offrire ai giovani un’immagine limpida della politica, come vero servizio per il bene di tutti,
10. i mezzi di comunicazione di massa hanno una grande responsabilità nella formazione dei giovani e quindi sono tenuti a fare la loro parte. L’appello del Papa non deve cadere nel vuoto né restare nelle mani di qualche addetto ai lavori più sensibile.
La celebrazione il 1 gennaio 2012 della Giornata mondiale della pace deve essere l’occasione per riflettere ma poi deve venire il tempo della progettazione e dell’attuazione. Un tempo che riguarda tutti, vale la pena di ripeterlo, secondo le proprie competenze e responsabilità. Non partiamo da zero. Nel nostro paese, nelle nostre città, scuole e università ci sono tante belle esperienze di cui far tesoro, esperienze e buone pratiche generosamente e tenacemente alimentate da tanti insegnanti, docenti, dirigenti scolastici e operatori sociali. Nel corso di questo nuovo anno dobbiamo valorizzarle, apprezzarle e svilupparle superando le vecchie e anacronistiche separatezze che portano ciascuno a coltivare solo ed esclusivamente il proprio campo. Il confronto e l’intreccio tra le diverse esperienze, competenze e responsabilità non contribuirà solo ad aumentare la qualità e l’efficacia dell’azione educativa ma anche a estenderne gli effetti nel tempo e nello spazio. Grande spazio dovrà essere dedicato tanto alla formazione e all’aggiornamento degli educatori e dei formatori che allo sviluppo di tutte le indispensabili sinergie tra l’impresa educativa, le comunità locali, l’iniziativa politica e quella informativa. Con un’attenzione e una cura particolare: la progettazione non deve essere una fatta “per i giovani” ma “con i giovani”, deve essere una progettualità di cui i giovani si sentano e siano a tutti gli effetti protagonisti. A loro spetta il compito di traghettare la nostra società fuori dalla crisi di valori e di futuro che le caratterizza. A noi la responsabilità di non impedirglielo.
Flavio Lotti, Coordinatore nazionale della Tavola della pace
Aluisi Tosolini, Programma Nazionale “La mia scuola per la pace”