di Gianni Rossi
E’ stata bloccata l’attuazione del contestatissimo accordo commerciale contro le contraffazioni e la pirateria via Internet, ACTA, siglato tra i rappresentanti di 22 governi europei, tra cui l’Italia (non hanno firmato Cipro, Estonia, Repubblica Slovacca, Germania e Paesi Bassi) e gli Stati che l’avevano adottato già nell’ottobre 2011: Australia, Canada, Giappone, Corea del Sud, Messico, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore, Svizzera, Stati Uniti d'America.
E’ stata oggi la Commissione europea a rivolgersi all’Alta Corte di Giustizia europea per conoscerne i reali effetti in tema di diritti fondamentali, soprattutto riguardanti la libertà di accesso al WEB, dopo le tante reazioni dell’opinione pubblica, dei movimenti della RETE e le pressioni dei partiti progressisti del Parlamento di Bruxelles. Ne danno notizia con particolare soddisfazione i gruppi interparlamentari dei Socialdemocratici e dei Liberaldemocratici europei, nella speranza che la Corte blocchi ACTA e si discuta in seno al Parlamento una legislazione democratica e progressiva che tuteli la libertà di RETE, consentendo anche una difesa avanza del “diritto d’autore”, in modo da scongiurare qualsiasi forma surrettizia di censura.
L'ACTA, ovvero, l’Anti-Counterfeiting Trade Agreement è un accordo commerciale plurilaterale con norme per contrastare la contraffazione e la pirateria informatica, al fine di tutelare copyright, proprietà intellettuali e brevetti su beni, servizi e attività che si sviluppano sulla RETE. Altro obiettivo dell'accordo è quello di armonizzare le regole preesistenti con l'Accordo_TRIPs (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights), uno dei principali strumenti giuridici internazionali in tema di diritto industriale recepito nell’ordinamento italiano con la Legge 29 dicembre 1994 n. 747. L'accordo (che il Parlamento europeo avrebbe dovuto ratificare l’11 giugno di quest’anno) è stato molto criticato poiché oggetto di negoziati riservati fra gli Stati e ritenuto lesivo dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini europei e non europei al punto da innescare una vasta mobilitazione internazionale guidata da La Quadrature du Net.
Nel 2007 vengono avviati i negoziati che vedono coinvolti quaranta Stati e diverse associazioni (MPAA, RIAA) e multinazionali (eBay, Google Inc., Intel, News Corporation, Sony, Time Warner e Verizon). Nell'ACTA vengono suggerite pene carcerarie “sufficientemente elevate da rappresentare valido deterrente” alla violazione di copyright anche senza fini di lucro. Nello stesso anno, si apprende che l'ACTA mira a imporre un controllo forzato dell'industria del copyright sui fornitori di accesso Internet attraverso collaborazioni obbligate, la responsabilità penale in caso di rifiuto e l'obbligo di intercettazione delle comunicazioni elettroniche senza bisogno di alcun mandato del Giudice. Poi si viene a sapere, a trattative ormai avanzate, che il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali non sono mai stati informati né dal Consiglio europeo né dalla Commissione europea e nemmeno dai Governi degli Stati membri.
Nel frattempo negli USA, il presidente Obama interviene in prima persona per secretare l'ACTA per motivi di sicurezza nazionale. Per la prima volta nella storia la protezione dell'industria del cinema e della musica diventa, per gli Stati Uniti, un argomento di sicurezza nazionale. Per tutto il 2009 fino al 24 aprile 2010, data del primo rilascio ufficiale di documenti concernenti l'ACTA, gli europarlamentari sono costretti a prendere visione dell'accordo tramite i documenti trapelati messi a loro disposizione dalla Opennet Coalition e da WikiLeaks. Nel marzo 2010 il Parlamento europeo, con 633 voti favorevoli, 13 contrari e 16 astensioni, esige formalmente piena trasparenza sui negoziati All'inizio del 2012, Avaaz.org si mobilita contro l'ACTA chiedendo di fare luce sui suoi effetti, raccogliendo 3 milioni di firme.
Ora i due gruppi parlamentari progressisti europei chiedono all’Alta Corte di Giustizia e alla stessa Commissione di “garantire un giusto bilanciamento tra i diritti della proprietà intellettuale, che sono fondamentali per l’economia europea e la creazione di posti di lavoro, e i diritti individuali”. A questo scopo a Bruxelles si terranno due importanti riunioni: una il 29 Febbraio da parte del Comitato parlamentare sul commercio internazionale e l’ACTA; l’altra il Primo Marzo con un Workshop pubblico.