di Redazione
Sì è conclusa sabato intorno alle ore 19 l’assemblea nazionale di Articolo21. Due giorni intensi di interventi sui temi della libertà di informazione in Italia e nel mondo. Oltre 50 gli interventi. Un dibattito animato non privo di appelli e di proposte di mobilitazioni. A partire da quella lanciata in apertura dal portavoce Giuseppe Giulietti: “una lettera aperta a Monti per chiedere che ci porti in Europa anche in materia dei media”.
Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato ai lavori e ci scusiamo con quanti non sono riusciti ad intervenire ai quali chiediamo di intervenire su questo spazio con le loro riflessioni.
Riportiamo di seguito alcuni articoli pubblicati in questi giorni da alcuni quotidiani e le principali relazioni. Nei giorni seguenti metteremo a disposizione tutti i materiali (anche in formato video) della nostra assemblea.
- Un week end di libertà tra Art. 18 e Lucio Dalla - di Federico Orlando
- Albino Longhi, una carriera trasparente come esempio per i giovani giornalisti - di Barbara Scaramucci
- Il video del Fatto Quotidiano
- Il video di Libera Tv
- Acta, l'ordine del giorno votato all'Assemblea nazionale
- La relazione del portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti
- Dieci anni senza padrini né padroni - di Stefano Corradino
- La lettera di adesione di Roberto Saviano
- Il Premio a Graziella Marota
- Il Premio a Silvano Lancini
- Il Premio ad Albino Longhi
- Stralci degli interventi all'Assemblea
- Riprendiamoci adesso la nostra Rai o non lo faremo mai - di Massimo Marnetto*
- Dieci anni di diritti e libertà - di Roberto Bertoni
Il servizio pubblico che piace ai telespettatori
di Cinzia Monteverdi* (da "Il Fatto Quotidiano - 4 marzo 2012)
Durante la due giorni dell’assemblea dell’associazione Articolo 21 molti interventi hanno riguardato la libertà d’informazione: tra i tanti, anche quelli dedicati alla televisione. Loris Mazzetti, ad esempio, ha lanciato un appello per il ritorno in Rai del programma Vieni via con me con Fabio Fazio e Roberto Saviano, subito accolto dall’associazione.
Ma uno dei temi portanti dell’assemblea è stata la crescente necessità di nuove forme di associazionismo per rispondere in modo indipendente alle carenze del servizio pubblico, ossia dello Stato. Per questo ci si è concentrati sui modelli d’impresa editoriale che siano in grado di funzionare e contemporaneamente di garantire ai giornalisti la libertà informazione e ai cittadini lettori e telespettatori il diritto di essere informati correttamente. Il discorso si è subito concentrato sulle caratteristiche-chiave dell’impresa e della sfida lanciata da Michele Santoro con Servizio Pubblico. Il modello Santoro ha messo insieme una compagine azionaria di editori e operatori televisivi ed editoriali, con un capitale sociale iniziale, unita all’appello per una sottoscrizione-donazione al pubblico. Un sistema finora unico per fondare un’associazione di spettatori. Esattamente com’era avvenuto, nel mondo della carta stampata, per la nascita de Il Fatto Quotidiano tre anni fa grazie a migliaia di abbonati. E via con la sfida.
DOPO LE DIMISSIONI di Berlusconi da Presidente del Consiglio, non si segnala alcuno sforzo dei vertici Rai, ma anche del governo “tecnicamente abile”, nè tantomeno dei partiti politici sedicenti “di opposizione” al tempo di Berlusconi, per far rientrare Michele Santoro e la sua squadra nella tv pubblica. Non solo: nessun ministro del governo Monti, e tanto-meno il premier, ha mai accolto l’invito a sedersi sulle sedie “scomode”, quasi da osteria, scelte appositamente da Santoro per la sua trasmissione. Molto meglio le comode poltrone di Porta a Porta (o di altri confortevoli programmi su altre reti Rai e Mediaset e La7). Così una trasmissione che va in onda grazie ai telespettatori che hanno sostenuto con le loro donazioni un progetto indipendente per difendere il proprio diritto a essere informati “senza filtri” non solo non esiste per il “nuovo” governo, ma ne viene addirittura disertata e boicottata. Quale governo “tecnicamente libero” dai condizionamenti politici e concepito per rimettere in sesto il Paese, ma anche per ristabilire gli equilibri costituzionali, trascurerebbe una tr programma nato dalla gente e dall’iniziativa di un conduttore televisivo che dopo essere uscito dalla Rai, e dopo aver rinunciato a un contratto con La 7, ha lanciato una sfida per rispettare la propria deontologia professionale e non tradire chi lo ha sempre seguìto?
ANCORA più importante, ora, è sostenere sfide come questa, perché se nulla è cambiato, se nessuna battaglia e nessuno sforzo da parte delle istituzioni, dei partiti e dei vertici Rai si intravede all’orizzonte, vuol dire che il sistema è molto più malato di quanto si potesse immaginare. La Rai è un azienda pubblica che deve sì funzionare com ogni azienda, ma senza dimenticare gli obblighi e i princìpi di un servizio pubblico. Al momento, tradisce entrambe le sue missioni: di azienda e di servizio pubblico. Non favorisce programmi di successo (e con ritorni in termini di raccolta pubblicitaria), e non garantisce la libertà d’informazione per il pubblico, impedendo ai conduttori di svolgere il proprio lavoro liberamente. Per ora Santoro, sul Canale Zero che unisce streaming sul web, tv regionali, Cielo e Sky, ce l’ha fatta, esattamente come Il Fatto Quotidiano tre anni fa. Ilnostrogiornalevivegrazieailettoriche lo acquistano, e la trasmissione va in onda grazie agli spettatori che la guardano e l’hanno sostenuta. E grazie anche alle emittenti che la mandano in onda, e alla rete che segue su internet. Insomma la libertà d’informazione, anche di questi tempi, e non solo in quelli appena passati, bisogna costruirsela con le proprie mani. Senz’aspettare che piova dal cielo.
*Consigliere del Fatto Quotidiano. Amministratore delegato della Zerostudio's la società che produce Servizio Pubblico
Articolo21, dopo Silvio oltre Silvio
di Marina Della Croce ("Il Manifesto" - 4 marzo 2012)
Come sta la liberta' d'informazione dopo la caduta di Berlusconi? Articolo 21 prova a rispondere a questa domanda nella sua assemblea nazionale in occasione del suo decimo compleanno che e' anche la prima dell'era Monti.
La risposta non e' affatto tranquillizzante. Forse non tutti pensano che stia peggio, certo tutti pensano che le battaglie di Articolo21 non siano affatto terminate, anzi che ce ne sia ancora assolutamente bisogno. Giulietti lo dice con una battuta: "chiediamo a Monti di andare in Europa non solo sui conti economici, ma anche sulle frequenze digitali e sui conflitti d'interesse". C'e' chi, come Fotia, pensa che ci sia bisogno di una battaglia più forte di prima per spezzare il "conformismo soffocante attorno al governo Monti che ha realizzato una sorta di dittatura semantica", chi, come il segretario della Fnsi Natale, dice che "dobbiamo rifiutare l'idea che l'unica alternativa al berlusconismo possa essere consegnarsi alle aristocrazie tecnocratiche".
Com'è nella natura di Articolo 21, la riflessione e la mobilitazione si accompagnano all'attività' concreta: e infatti viene presentato il nuovo sito completamente rinnovato che vuole essere sempre più' una sorta di "rete delle reti"; e non manca una ricca elaborazione di proposte e riforme possibili. Vita lancia la proposta di un "un nuovo diritto per l'era digitale", affrontando il tema spinoso delle regole per la rete sul quale pero', come ricorda Della Volpe, va affrontato un confronto con chi (Scorza e Corinto) ritiene che ogni regola equivale a censura. Zaccaria e De Zelueta, di fronte all'avvicinarsi della scadenza del Cda Rai propongono idee di riforma che consegnino la scelta nella mani dei cittadini (se ne parlerà in n seminario a Roma il 23 marzo). Rai che, come denuncia il consigliere dimissionario Rizzo Nervo, e' in piena e gravissima crisi industriale.
Poi, come al solito, le premiazioni-simbolo dei soggetti "oscurati" dall'informazione: Graziella Marota, mamma di un giovane morto sul lavoro, che chiede, insieme ad altri, a Monti di non liberalizzare cioe' cancellare i controlli sulla sicurezza. Silvano Lancini, l'imprenditore di Adro che ha pagato di tasca sua la retta dell'asilo dei bambini cancellati dal sindaco perché le famiglie non erano in grado d pagarla. E infine Albino Longhi, simbolo della Rai che tutti vorremmo.
"Sono loro che vanno illuminati, i soggetti di cui non si parla", dice Giulietti dando appuntamento alle prossime battaglie. Intanto, l'assemblea di Roma "illumina" due casi eclatanti e in qualche modo collegati: la cacciata dell'Unita' dalla bacheca della Marelli (gruppo Fiat), ne parla il direttore Sardo, e la condanna di Formigli a un risarcimento mostruoso, ne parla lui stesso, per aver osato criticare un modello di auto della Fiat.
Due ragioni in più affinché Articolo 21 sia presente alla manifestazione della FIOM del prossimo 9 marzo.