di Federazione Nazionale della Stampa
Evidentemente avevano fondamento le proteste e le richieste formulate nei mesi scorsi da tanta parte dell’opinione pubblica, e con essa dalle rappresentanze dei giornalisti e dei magistrati. L’udienza-filtro,la cui introduzione anche la Fnsi ha sollecitato per lungo tempo, entra finalmente nei testi proposti dal governo: si è capito, pur tardivamente, che è in questo strumento il giusto equilibrio fra il diritto alla riservatezza, il diritto-dovere di informare e il diritto dei cittadini a conoscere le vicende di rilevanza pubblica. E’ un importante passo avanti, che va ascritto non soltanto al dibattito tra le forze politiche ma anche alla possente mobilitazione che ha caratterizzato la vita pubblica italiana di questo periodo.
Restano però aperte due questioni di assoluta rilevanza, che il sindacato dei giornalisti chiede vengano prese in esame nel prosieguo della discussione parlamentare alla Camera. La prima è l’assenza di un termine certo entro il quale l’udienza-filtro debba svolgersi: se manca questa indicazione vincolante, si rischia che il segreto sulle intercettazioni duri per mesi o anni; il bavaglio, rimosso in linea di diritto, verrebbe ripristinato nei fatti. La seconda è il permanere dell’obbligo al riassunto: non se ne comprende la ragione, una volta che l’udienza-filtro abbia escluso le parti delle intercettazioni prive di rilevanza pubblica. Ribadiamo la richiesta che il riassunto venga eliminato: a garanzia della nostra autonomia professionale (deve essere il giornalista a scegliere se e quanto sintetizzare, dopo che il rischio di intrusioni nei fatti privati è stato risolto alla radice); a garanzia dei cittadini e del loro diritto ad una informazione completa; a garanzia anche di soggetti a vario titolo presenti nelle inchieste giudiziarie. La recente vicenda che ha avuto come protagonista e vittima il Presidente della Giunta regionale della Campania, Stefano Caldoro, ne è un chiaro esempio: a far emergere la macchinazione ai suoi danni ha contribuito anche la possibilità che l’informazione italiana ha avuto di pubblicare per esteso i testi delle intercettazioni. I riassunti rischiano di essere terreno di allusioni, messaggi cifrati, segnali in codice. Non ne ha bisogno l’informazione, non ne ha bisogno la società.