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Boicottare i libri? No, grazie
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di Diego Cugia

Boicottare i libri? No, grazie

Da qualche giorno il mio indirizzo di posta elettronica è bersagliato da centinaia di mail dallo sgradevole tono intimidatorio. Mi si chiede, insieme a un altro sparuto manipolo di scrittori, politicamente all’opposizione, di smettere di pubblicare libri con la Mondadori. Il motivo è noto. Riguarda un indecente risparmio sulle imposte dovute dalla casa di Segrate, grazie a un provvedimento emanato dal governo Berlusconi, il quale, come tutti sappiamo da quasi vent’anni, ha maestosi interessi confliggenti con quelli di un uomo al servizio dello Stato, e che comprendono, fra l’altro, la Rai, Canale 5, Italia 1, Rete 4, (ma anche Telecinco, una delle prime Tv spagnole per ascolti) tutti i giornali di cui è editore, la casa editrice Mondadori, la Einaudi, la Sperling & Kupfer, assicurazioni come Mediolanum, la Medusa film, istituti di credito, Vogue, il Milan, la Standa, il Teatro Manzoni, intere città come Milano 2, i fumetti della Walt Disney e il centro commerciale di Milano 3, compresa la rivendita di pizza al taglio e Blockbuster. Come a dire che se questo weekend mi affitto il dvd di “C’era una volta in America”, il mio film preferito, e mi porto a casa un trancio di pizza Margherita, sono colpevole di foraggiare un presidente del consiglio plurimiliardario che si cuce leggi “ad personam”.

Sono antiberlusconiano dalla prim’ora, precisamente dal 26 gennaio 1994, data della sua discesa in campo politica, perché ero assolutamente certo che il proprietario delle principali tv commerciali, una volta al governo, avrebbe facilmente controllato anche il servizio pubblico RAI, diventando, di fatto, il “grande fratello” orwelliano. Ritengo che questo massiccio “controllo delle menti”, condotto con sofisticate tecniche di marketing pubblicitario, non solo nei servizi giornalistici ma soprattutto nella programmazione d’intrattenimento, abbia purtroppo centrato il bersaglio. Un leader populista televisivo è una minaccia seria per ogni democrazia. Se Berlusconi fosse stato di sinistra, di estrema sinistra, verde o biancocrociato, l’avrei pensata nell’identico modo.

Per questa modesta ma netta opinione, ribadita in tanti programmi radiofonici e televisivi, articoli, interviste, saggi, fiction e persino romanzi pubblicati con Rai-Eri, la Bompiani e, soprattutto, con la stessa Mondadori (che edita anche i libri del subcomandante Marcos) ho pagato un caro prezzo, perché negli ultimi anni i miei rapporti di lavoro si sono ridotti a un decimo e ora sono quasi a zero. Attualmente, tra l’altro, non ho alcun contratto con la mia casa editrice, la Mondadori. Nessuna idea o proposta, dopo il programma “Alcatraz”, è stata più accolta dai dirigenti di via Asiago, la radio pubblica con la quale ho collaborato per 25 anni. Lo stesso con la Tv. Delle due l’una: o nel mio mestiere sono diventato improvvisamente un idiota  o la libera opinione nel nostro Paese è stata blindata e con parecchi giri di vite. Con tutto questo non me la tiro da martire, e non mi lamento perché sono un uomo libero, povero, ma libero. Anche se finalmente potessi riavere un microfono in Rai (governata in larga parte, e assai più della Mondadori, da fedelissimi berlusconiani) o trovassi lavoro come commesso alla Standa, sempre di sua proprietà. Libero. Libero anche se mi assicurassi con la Mediolanum, mi godessi un film distribuito dalla Medusa, o mi leggessi un fumetto di Walt Disney, edito dal presidente del Consiglio. Libero. Perché tutte queste attività, secondo una logica liberticida che s’ispira a un’infantile “coerenza assoluta”, tipica proprio delle menti dispotiche, entrerebbero, tal quale allo scrivere per Mondadori, in “conflitto d’interessi” con l’essere uomini di sinistra o antiberlusconiani.

In Italia siamo arrivati al paradosso che il pazzesco conflitto d’interessi del capo del governo sia stato legittimato e avallato dalle forze dell’opposizione, e si pretenda, da isolati scrittori, di rescindere i loro contratti con la più grande casa editrice italiana (ammesso che li abbiano) perché sarebbero “loro” in conflitto d’interessi con la propria libera opinione. Ma siamo seri! Anche perché la serietà, oggi, come diceva Flaiano “è il solo umorismo accettabile.” Io non mi azzarderei mai a scrivere una lettera a un cassiere di Banca Mediolanum, sincero simpatizzante del Pd, chiedendogli di dimettersi immediatamente dal suo posto di lavoro. Non mi salterebbe mai in testa di invadere la posta elettronica di una maschera del Teatro Manzoni ricordandogli cupamente che ogni volta che illumina con la pila una fila di poltrone per far accomodare uno spettatore ritardatario sta, in realtà, contribuendo alla lunga marcia di un despota. Ma soprattutto -e questa è la cosa che ritengo più grave- non inciterei mai un popolo che deve proprio alla sua malinconica ignoranza la situazione in cui versa, a “boicottare” l’immenso e meraviglioso catalogo della Mondadori. Perché non ci trovo questa gran differenza con la propaganda dell’Associazione degli studenti nazional-socialisti tedeschi, nel 1933, che portò alla pubblica messa al rogo dei libri ebraici, marxisti, pacifisti.

Per questo considero la campagna “Boicotta i libri Mondadori” un’iniziativa dispotica come una legge “ad personam” e ogni volta che ricevo una mail col “copia e incolla”, che attacca con un “Caro Diego, non scrivere con Mondadori” e prosegue “Ti volevo informare che - da oggi in poi - io non comprerò più libri o prodotti della Mondadori. Neanche quelli scritti da te”, mi corre un brivido lungo la schiena. Innanzitutto perché mi offende. Poi è sciocca. È una lettera offensiva perché, minacciando di non comprare più i suoi libri, si tratta uno scrittore da mercenario, servo del denaro, facendo leva proprio sui portafogli fra i più sguarniti del mondo. Ed è sciocca perché, cambiato editore, poniamo la Rizzoli, l’indomani stesso Berlusconi, gatton gattoni, si compra la Rizzoli. (Non sta già trattando l’acquisto dei periodici?) O, attraverso una fiduciaria alle isole Cayman, acquista un pacchetto di azioni della Longanesi. E che si fa, il gioco dell’oca? Lo scrittore va in prigione, perde un giro, e riparte dai murales mentre questo si compra pure i muri?

La Mondadori non mi ha mai censurato, altrimenti me ne sarei andato. Punto. Boicottare i libri è un delitto che si compie ogni giorno in tutte le librerie italiane semideserte. Nessuno, mai, ha conquistato il potere con i libri. E arricchirsi scrivendo equivale a centrare il Superenalotto.

Come mai, visto che la Mondadori era sua, Berlusconi non ci tempesta ogni giorno con dichiarazioni e proclami politici pubblicati sui Meridiani e sui Tascabili? E come mai, nel mio piccolissimo, non mi fanno avvicinare a un microfono ma se voglio scrivere le identiche cose che direi in Tv o alla radio la Mondadori me lo lascia fare? Sveglia. Non è uccidendo un topolino che si salva un paese dalla peste. Né oscurando Mediaset, boicottando la Rai, non comprando i giornali degli editori avversi. Al contrario, occorre che gli uomini realmente liberi siano messi in grado di esprimere il proprio pensiero, soprattutto se in contrasto con l’opinione dominante. Per questo c’è bisogno dello sforzo di tutti i veri democratici di questo Paese. Grandi aziende come Mediaset, la Rai, il gruppo Repubblica-L’Espresso, quello Rizzoli-Corriere della Sera, i network radiofonici, tutti, di qualsiasi fede politica, dovrebbero essere pressati dall’opinione pubblica, quotidianamente, incessantemente, a rivoluzionarsi, ad aprirsi a una ventata di opinioni nuove, di pensieri liberi, di progetti innovativi, di conoscenza. Questo è ormai culturalmente un paese per vecchi. C’è un fetore di stantio, di finestre chiuse, di poteri che si passano di mano come fossero mazzette, e di poltrone pubbliche che si ereditano di padre in figlio, come quelle dei notai. Boicottare libri era davvero l’ultima cosa da fare.


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