di Elisabetta Reguitti*
“Vergogna”. Una voce di donna dall’ultima fila dell’aula 67 del Tribunale di Brescia. Accade un attimo dopo che la Corte d’Assise - presieduta da Enrico Fischetti - ha assolto i cinque imputati del processo per la strage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974. La donna è sorella di Manlio Milani presidente dell’Associazione familiari delle vittime della strage. Immobile, più pallido del solito e in silenzio ha ascoltato la lettura del verdetto. Ore 17: “Assoluzione in base all’articolo 530 comma 2 (equiparabile alla vecchia insufficienza di prove) per Carlo Maria Maggi, Francesco Delfino, Pino Rauti, Giovanni Maifredi e Delfo Zorzi”. I giudici hanno anche revocato la misura cautelare che pendeva nei confronti di Zorzi, che da anni risiede in Giappone. Un’latra strage impunita. Prima sentenza del terzo filone di inchiesta (iniziato nel 1993) un dibattimento durato circa due anni al termine del quale i due pubblici ministeri, Francesco Piantoni e Roberto Di Martino, avevano chiesto l’ergastolo per gli ex ordinovisti veneti Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, per il collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte (fonte Tritone) e per il generale dei carabinieri Francesco Delfino. Per l’ex segretario dell’Msi Pino Rauti era stata invece chiesta l’assoluzione con formula dubitativa. I giudici (togati e popolari) hanno assolto tutti gli imputati e disposto il “non luogo” a procedere per Maurizio Tramonte “per intervenuta prescrizione in relazione al reato di calunnia”.
L’aula è affollata da stampa e tante facce note della città, presente anche il sindaco Adriano Paroli. Non sono molti i posti a sedere. Fuori, nel corridoio, restano anche diversi familiari che non sono riusciti ad accedere. Alcuni di loro entreranno solo dopo che la corte si sarà ritirata. A parte il “vergogna” della donna non c’è però alcuna reazione. Un silenzio surreale, per pochi attimi, avvolge l’aula prima che il fermento di fotografi e giornalisti rianimi quel luogo.
Milani si alza, appare disorientato mentre alcuni lo avvicinano dandogli una pacca sulla spalla. Una sentenza arrivata dopo 36 anni per dire che non c’è nessun colpevole per la morte di otto persone (tra cui la moglie di Milani) e il ferimento di oltre cento. Un verdetto su cui hanno pesato le ritrattazioni dei testimoni (422) che si sono avvicendati nel corso delle 150 udienze. Il grande ruolo ricoperto dai servizi segreti e dai personaggi che ci girano attorno. Depistaggi e “non ricordo”; elementi dello Stato che hanno contribuito a occultare la verità anche quella giudiziaria in cui tanti ieri hanno sperato. “Sentenze come quella di oggi rendono difficile avere fiducia nelle istituzioni nonostante il lavoro straordinario svolto dalla magistratura” sono state le prime dichiarazioni di Milani. “I processi per strage non possono più entrare in un’aula di giustizia. Capisco che la verità giudiziaria, diversa da quella storica, sia difficile da trovare ma a questo punto non è facile avere fiducia nelle istituzioni”. In aula era presente anche il procuratore della Repubblica di Brescia, Nicola Maria Pace: “A fronte dell’impegno che abbiamo messo in campo ci aspettavamo un risultato diverso. Il problema non è nella nostra coscienza ma nei confronti dei familiari delle vittime”.
Era il 28 maggio 1974 quando la bomba esplose in Piazza della Loggia durante una manifestazione antifascista. Morirono Giulietta Banzi Bazoli 34 anni insegnante, Livia Bottardi Milani 32 anni insegnante, Clementina Calzari Trebeschi (Clem) 31 anni insegnante e suo marito Alberto Trebeschi 37 anni anche lui docente, Luigi Pinto di soli 25 anni insegnante, Euplo Natali 69 anni, Bartolomeo Talenti detto Bartolo 56 anni armaiolo e Vittorio Zambarda 60 anni pensionato. Questo processo era l’ ultima occasione per ricostruire i fatti non solo di Brescia ma dell’intero quinquennio ‘69-‘74 da Piazza Fontana all’Italicus. Ma così non è stato. Rimane quel buco nero di una verità latitante. La vicenda giudiziaria sulla strage di Piazza della Loggia si compone di ben 4 istruttorie chiuse (la quinta è quella in corso) e 8 fasi di giudizio che si sono concluse con altrettante sentenze – con la sola e parziale eccezione della prima – sfavorevoli all’accusa: non ci sono mai stati colpevoli. Tre i filoni di indagine. Il primo (incentrato sull’ambiente bresciano) inizia nel 1974 e giunge al capolinea con la sentenza della Corte di Cassazione del 25 settembre 1987: assolti tutti gli imputati per insufficienza di prove. In questa istruttoria le indagini furono svolte dall’allora capitano dei carabinieri Francesco Delfino tra gli imputati per concorso in strage. Il secondo filone riguardava l’ambiente milanese e i vertici di Ordine Nuovo Triveneto; ha inizio il 23 marzo 1984 e approda al capolinea con la sentenza di cassazione 13 novembre 1989 che dichiara inammissibile il ricorso confermando la sentenza di assoluzione. Dopo alcune rivelazioni fatte da una serie di pentiti il giudice Giampaolo Zorzi apre una nuova istruttoria chiusa nel maggio del 1993 con una sentenza-ordinanza considerata il punto di partenza del terzo filone che si era aperto, per l’appunto, il 23 novembre 2008.
*dal Fatto quotidiano