di Roberto Reale
"Non ho mai usato Twitter, ho dita troppo impacciate per digitare messaggi sul telefonino. Sono però fortemente convinto che non ci debba essere censura. Maggiore è il flusso di informazione libera, più forte diventa la società". Sono le esatte parole pronunciate il 16 novembre 2009 dal Presidente Obama a Shanghai in un appassionato intervento a sostegno della libertà della Rete, negata in mille modi dalle autorità di Pechino. Poco più di un anno dopo lo scenario è completamente cambiato. Da paladino della libera circolazione delle informazioni sul Web, il governo degli Stati Uniti è diventato, nel giro di soli dodici mesi, fautore di forme assoluto di controllo delle comunicazioni in Internet e quindi di censura.
Sono gli effetti della vicenda Wikileaks che stanno producendo conseguenze devastanti. Scottata dalla divulgazione dei messaggi riservati dei propri diplomatici, l'amministrazione Usa reagisce nel peggiore dei modi. Prima ha imposto (senza alcun intervento della magistratura) alle società che si occupano di transazioni commerciali (pagamenti con carta di credito e simili) di bloccare i finanziamenti dal basso a Wikileaks. Adesso è emerso qualcosa di ancora più inquietante. Su richiesta del governo una corte federale ha chiesto a Twitter di rivelare i contenuti dei messaggi privati collegati al profilo di Wikileaks.
L'obiettivo pare quello di acquisire gli elementi per poter incriminare Julian Assange per cospirazione. In poche parole il Dipartimento della Giustizia vorrebbe trovare le prove che indicano che è stato Assange a spingere fonti interne (militari e simili) all'amministrazione Usa a a fornirgli documentazioni riservate. La faccenda è delicatissima. E' evidente che la consegna a un governo dei messaggi privati degli utenti di Twitter (c'è di mezzo pure una deputata islandese) fa saltare ogni regola di rispetto dei diritti individuali. In più Wikileaks ha il sospetto che il governo degli Stati Uniti abbia proceduto con analoghe richieste pure verso Facebook e Google e che queste società stiano collaborando con l'amministrazione senza informare gli interessati ( cosa che invece ha fatto Twitter). Per il futuro della libertà della rete siamo a un punto di svolta.
Quando i controllori stavano solo a Pechino e a Teheran era facile in Occidente ergersi a difensori dei diritti dei navigatori. Ora la questione cambia di segno. Si vede come il potere, qualsiasi potere, quando si sente minacciato reagisce in chiave repressiva. Questa vicenda dei cable di Wikileaks è destinata ad avere sviluppi ancora per molti aspetti imprevedibili.
E dire che negli Stati Uniti c'è pure chi invita il governo a un atteggiamento completamente diverso. Non fa piacere, dicono queste voci, che le comunicazioni dei diplomatici siano state pubblicate. Ma che danno ne abbiamo avuto? Non si è forse vista la nostra coerenza fra atteggiamenti pubblici e informazioni riservate? Peccato che queste voci siano al momento inascoltate. Il riflesso repressivo è più forte di ogni razionalità. Non si rende conto il Presidente Obama che, così facendo, non potrà più ripetere davanti agli studenti di Shanghai ( o a quelli di qualunque altra città del pianeta) il suo appello a sostegno di una Rete libera, senza controlli o censure?