di Tiziana Ferrario
...ho incontrato Nasrin Sotudeh a Teheran qualche anno fa. Ero andata per seguire le elezioni del parlamento. C'erano pochi giornalisti stranieri in quel periodo, non come nel 2009 quando ci furono le tanto contestate elezioni che hanno riportato al potere Ahmadinejad. In tanti avevamo chiesto un'intervista con Nasrin, difensore dei diritti umani e lei aveva accettato di incontrarci tutti. Nel suo piccolo studio di due stanze c'era la coda delle troupe televisive in attesa. Era in cinta del suo ultimo figlio che oggi ha poco più di tre anni.
Minuta vestita di bianco con il velo in testa ci aveva ricevuti uno per uno, non certo per vanità, ma per denunciare al mondo le continue violazioni di diritti umani del regime iraniano. Mi aveva parlato dei minori rinchiusi nelle carceri iraniane condannati a morte, dell'aumento delle esecuzioni capitali durante l'era Ahmadinejad, mi aveva mostrato i poster della campagna one million signature, una raccolta di firme a favore dei diritti umani e delle donne. Una campagna sostenuta anche dal Premio Nobel Shirin Ebadi, amica di Nasrin Sotudeh e che ormai dallo scorso anno vive all'estero lontano dal suo paese. Era stata una lunga intervista, una di quelle che non piacciono al regime iraniano.
È stato proprio anche per i suoi continui contatti con i media internazionali che Nasrin Sotudeh è stata prima arrestata e poi condannata a undici anni di carcere. Una donna coraggiosa che a 47 anni, non merita di restare lontano dalla sua famiglia, dal marito e dai suoi due figli. Non riesco a non pensare alle cupe giornate di Nasrin Sotudeh in carcere a Teheran. Come abbiamo fatto con Sakineh dobbiamo restare al suo fianco. È grazie al coraggio di queste donne iraniane, di tante giovani, che abbiamo visto sfidare il regime degli ayatollah nella sanguinosa repressine del 2009 che forse un giorno anche in Iran la situazione cambierà. Non lasciamole sole.