di Ennio Remondino
A costo di stupire, da oggi mi rivolgerò al direttore del Tg1 con la familiarità del nome di battesimo. Un semplice Augusto al posto delle mille e maliziose storpiature, da Minzo a Minzulpop, sino al berlusconiano Direttorissimo, usate sino a ieri. Su questo cambio di atteggiamento proverò più avanti a dare spiegazioni. Ma l'attualità è data dalla dura reprimenda del presidente Rai Paolo Garimberti. Meglio tardi che mai, già commenta qualche malizioso al settimo piano Rai. La protesta, indirizzata al Dg Masi, parla di faziosità «nella scaletta, nei contenuti, e persino nei riferimenti storici».
Condanna senza appello nei confronti di Augusto, da parte dell'arbitro Rai che confronta l'attuale Tg1 a "Libero". Anzi, «peggio di Libero». «La libertà editoriale non giustifica essere faziosi». Segue poi una pagellina per tutte le altre testate, con Tg2 e Giornale Radio promossi e il Tg3 rinviato a settembre. In attesa delle risposte di Masi, se e quando mai verranno, mi rivolgo al collega Augusto per alcune banali considerazioni che vengono dalla pratica di antico mestiere. Sto parlando di giornalismo ovviamente.
Caro Augusto, forse il "presidente risvegliato" è stato particolarmente severo ma, riconoscerai che qualche ragione ce l'ha. La questione Ruby, comprendo, può creare forti imbarazzi non soltanto per il governo ma anche tra i suoi tifosi. Sostenitori di Berlusconi e frequentatori di altre "Ruby", ma il mettere in apertura la sino ad allora semi ignorata Tunisia o l'altrettanto bistrattato Afghanistan per sminuire ed annacquare la dure prese di posizione della Chiesa sui comportamento morali di chi ci governa, beh, quella è stata un clamoroso inciampo. Come quello di far precedere le reazioni alla notizia.
Porca paletta, Augusto! Ma da chi ti fai consigliare? Il fiancheggiamento del cosiddetto "editore di riferimento", in Rai è cosa purtroppo ammessa. Ma almeno salviamo la forma! Non è che hai sbagliato qualche mossa nell'organizzare la redazione a tua convenienza? Qualcuno che conosce le vecchie regole forse sarebbe servito. Troppe vittime professionali illustri sul tuo percorso, caro Augusto, e troppi imbonitori in video a fare da corte. Accade che nei passaggi duri del giornalismo uno finisca nei pasticci.
Cordialmente, Ennio R.
E ora una dovuta spiegazione di ordine personale. A volte il caso fa tiri mancini, aiutato anche dalla malizia umana. Il caso diventa birbone al Quirinale, giornata dell'informazione. Salone immenso. Di fronte alla postazione del Presidente Napolitano, con corazzieri a lato, le seggiole nominali degli ospiti di maggior riguardo. Intravvedo il presidente Rai Garimberti, persino Massimo d'Alema che giornalista lo è per i contributi pensionistici. I direttori delle più importanti testate, i volti delle Tv, i notisti della Grande Stampa. L'Olimpo insomma. Intravvedo Mentana, Carelli, Mineo, Annunziata, Orfeo, Berlinguer. C'è persino un pezzo di storia del giornalismo con la barba bianca di Scalfari che scorgo nel mucchio delle scambievoli affettuosità, e la giacchetta scapigliata di Valentino Parlato. Sulle due ali laterali di sedie, gli ospiti minori. Trovo il mio nome alla terzultima fila a sinistra, ultima seggiola a sinistra della Presidenza. Un destino. Come è destino che l'ospite previsto accanto a me non si presenti. Inizia la cerimonia e, come sempre accade, i ritardatari che avanzano in punta di piedi si sistemano dove possono.
«E' libero questo posto?», sussurra una voce. «Prego. Si accomodi». Mormorio chiesastico con sorpresa finale quando, finalmente seduta accanto, scopro la pelata di Augusto Minzolini, il direttorissimo del Tg1. Il mio ex direttore, a dirla tutta, sino a due mesi fa, sino alla mia liberatoria pensione. In un solo colpo vedo andare in fumo l'impegno di un anno della mia vita professionale dedicato mantenere le distanze. Mai un incontro personale, grazie alla mia lontana Istanbul, mai una telefonata. Soltanto una mail da sindacalista a direttore. Ed ecco di colpo la lucida ostilità giornalistica andare in frantumi di fronte alle ipocrite regole della buona creanza. «Oh ciao, come stai?», «Bene, tu?», «Che fai?». Eccetera eccetera. Conversazione privata con probabile reciproco imbarazzo. Alle spalle, segretario e direttore di Articolo21, malvagiamente mi sussurrano all'orecchio di aver perso il privilegio del loro saluto. Ma il colpo finale, la cattiveria culminante sta come sempre nell'uso malizioso delle immagini. Ciò che da subito temevo accadesse, inevitabilmente si avvicina dietro la telecamera di Rai-Quirinale.
Statura da corazziere, compostezza da Quirinale, barba ingrigita ad ingannare sulla plumbea obiettività delle sue immagini. Sguardo da carogna nascosto dietro la telecamera che ci inquadra. Il collega con attrezzatura sulla spalla e malizia nella zucca, di cognome fa Rossetti, di nome Francesco, e siamo amici da anni. Quando sia io che lui facevamo ancora i giornalisti sul serio. Lui vede e, da eccellente giornalista, coglie la notizia interna. Linguaggio criptico da Tg1. Il «diavolo e l'acqua santa» potrebbe essere il titolo. Chi sia il diavolo e chi l'acquasanta, ognuno può deciderlo autonomamente. Minzolini-Remondino o viceversa se vi piace, con la certezza di non fare a nessuno dei due un gran piacere. Estensore della cronaca e montaggio, sempre carognescamente, aiutano. Tutta ironia interna Rai. Più o meno come la sorte che ha costretto a sedersi accanto Bianca Berlinguer e Corradino Mineo, muti come statue di sale. Con Minzo siamo più convenientemente educati e ci salutiamo, mentre lui cerca di raggiungere la prima fila che gli compete, ancora ignaro della reprimenda Garimberti che lo attende.