di Zeropuntotre
Appena giunta la notizia del reintegro dei fondi al FUS, sindacati e Agis si sono affrettati a ritirare sciopero e giornate di mobilitazione. Eppure ci pare che non ci sia niente da festeggiare e che anzi permangano gravi motivi di preoccupazione: il parziale reintegro è del tutto insufficiente a garantire non solo il rilancio ma anche il sostegno minimo del settore, massacrato dai ripetuti tagli degli ultimi anni e privo di un sistema di tutela per le professionalità e i diritti.
Chi parla di vittoria si nasconde dietro la retorica e dissimula privilegi. Non è stata una protesta forte e compatta a piegare il governo: l'arroganza di questa controparte politica è tale che dà e toglie come meglio crede, e chi ne beneficia bacia la mano.
Non fermiamoci! Rilanciamo subito a tutto il settore – teatro, danza, cinema, audiovisivo -, alle lavoratrici e ai lavoratori dello spettacolo, agli artisti, alle realtà produttive, alle associazioni di categoria, agli spazi indipendenti che operano sul territorio, a tutte le identità che portano avanti lotte e vertenze in difesa della cultura, la necessità di un momento di discussione pubblica per rafforzare le reti esistenti e progettare insieme forme di resistenza e una nuova idea di sistema e di welfare.
Da settembre ad oggi è emersa una voglia di protagonismo e di visibilità, e il disagio crescente, anche generazionale, si è fatta più acuto: al tempo stesso abbiamo registrato la difficoltà del mondo della cultura ad organizzarsi, a costruire azioni condivise ed incisive. Sindacati, associazioni di categoria e istituzioni pubbliche hanno portato avanti una politica attendista che ha mostrato tutta la sua debolezza.
Siamo precari, intermittenti, autonomi, free lance, indipendenti, produttori dei nostri lavori - per età, per formazione, percorsi e scelte professionali nessuno ci rappresenta : questa radicale crisi della rappresentanza può essere trasformata in una forza se impariamo costruire pratiche di autorganizzazione diretta e un pensiero critico sull'esistente. Per esprimere il nostro dissenso, per pesare politicamente.
La produzione culturale svolge un ruolo strategico nello sviluppo economico, produttivo e occupazionale: come possiamo allora evocare una potenza conflittuale all'altezza di questo ruolo? Come costruire un peso politico in grado di contrastare l'esistente e insieme imporre una diversa visione di prospettiva?
Ripartiamo da qui, per porre con forza questioni che nessuno pone:
*tutela dei diritti minimi
*reddito garantito per i tempi di non lavoro
*formazione permanente
*maternità universale
*nuovo modello di sistema pubblico e di ripartizione delle risorse
*sostegno alla ricerca, ai nuovi linguaggi, alla produzione indipendente
*liberta' di scelta professionale, intellettuale ed artistica
È tempo di coniugare il piano dell'eccezionalità del settore spettacolo, che ci identifica come lavoratori “particolari”, al piano dei diritti e del reddito, su cui costruire convergenze con altri soggetti sociali: per questo parteciperemo alla giornata del 9 aprile sulla precarietà, guardando allo sciopero generale del 6 maggio come un momento non di testimonianza ma di adesione reale.
Con pari dignità, come lavoratrici e lavoratori, elaborando forme di sciopero efficaci per intermittenti e precari e bloccando in modo visibile i luoghi della produzione culturale – anche la cultura produce ricchezza, non solo le fabbriche di automobili. Ricchezza che certo non finisce nelle nostre tasche.
I diritti non si chiedono. si conquistano!
Lavoratrici e lavoratori dello spettacolo
(stabili/precari/intermittenti)
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