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La politica economica retta da Tremonti e quella giudiziaria da Berlusconi. E la chiamano democrazia reale
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di Nicola Tranfaglia

La politica economica retta da Tremonti e quella giudiziaria da Berlusconi. E la chiamano democrazia reale E’ ormai chiaro dagli ultimi avvenimenti che la battaglia politica è destinata a concentrarsi su alcune questioni di fondo: il rapporto tra Italia ed Europa, quello dei principi costituzionali essenziali, il carattere democratico del nostro paese. Naturalmente  la successione di Berlusconi (che sia Alfano o Formigoni qualche piccola differenza potrebbe esserci) avrà un suo peso per la destra al potere  ma a me pare difficile vedere oggi  chi sarà alla fine l’erede dell’attuale  capo e occorrerà tener conto degli altri problemi per valutare questo capitolo accessorio.
Ma per la maggioranza degli italiani che sono più di sessanta milioni di persone, rispetto a un ceto politico che è intorno a un milione di addetti vicini e lontani, conta più sapere se continueremo ad essere il paese isolato e guardato con differenza dai maggiori vicini, la Germania come la Francia e la Gran Bretagna come avviene oggi malgrado ci siano in quei paesi governi di centro-destra o che l’Italia sia di nuovo ( come è stata più volte  in passato) uno dei paesi che condividono la linea generale dell’unione europea, pur con le differenze che a volte bisogna registrare.
Da questo punto di vista non c’è dubbio sul fatto che la lentezza del processo di unificazione politica e culturale dell’Europa,di cui sono colpevoli proprio le destre che oggi attaccano l’Unione a cominciare dalla Lega, da Forza Italia e dal vecchio Movimento Sociale Italiano. E proprio perché il processo di unificazione voluto dai padri fondatori va avanti così lentamente continua ad avere spazio la politica nazionalistica della destra europea. I due processi sono legati tra loro e chi fa finta di non capirlo come Maroni,
Calderoli e lo stesso Berlusconi non hanno il senso della storia o sono in malafede. E a volte i due sentimenti e comportamenti convivono tranquillamente.
In questo senso l’unica persona che non si fa ingannare è il nostro attuale Capo dello Stato e la polemica con i politici che non hanno né memoria storica né senso dello Stato emerge ogni giorno nelle sue dichiarazioni in Italia e all’estero.
Il Presidente sta molto attento a non andare oltre alle sue prerogative ma diventa di fatto, per il baratro politico in cui siamo ormai precipitati negli ultimi anni, un punto di riferimento essenziale per il futuro dell’Italia e occorre rendergliene atto con chiarezza e lealtà.
Per quanto riguarda gli altri due aspetti del problema di oggi, le cose stanno andando assai peggio.
L’approvazione ormai imminente (c’è un altro passaggio legislativo ma la maggioranza berlusconiana sembra tenere ancora fino al 2013) del cosiddetto “processo breve” è una grave violazione dei principi costituzionali di eguaglianza dei cittadini e di giustizia sostanziale. Ma i tempi delle nostre istituzioni sono tali che sarà possibile che una legge chiaramente contraria alla costituzione resti in vita alcuni mesi o addirittura un anno o più prima di essere abrogata dalla Corte e questa è una grave preoccupazione per chi conosce le regole e la storia della repubblica o per chi ha bisogno di partecipare a un processo come vittima, attore o convenuto (per usare i termini giuridici del processo).
Ma l’altro aspetto, quello della democrazia del paese, è ancora più grave. Come si fa a parlare di democrazia reale in un paese nel quale la politica economica è retta da un personaggio come Giulio Tremonti e quella giudiziaria da Silvio Berlusconi?
Voglio citare, per spiegare il mio punto di vista, una frase di un pensatore politico Carlo Rosselli, che è ancora  alla base del mio impegno civile (più che politico, data l’attuale situazione). Rosselli nel 1935 scriveva, e lo si trova nella copertina della mia biografia appena uscita:”Democrazia reale significa non solo autonomia politica ma anche e soprattutto autonomia e libertà economica.Una vera democrazia non esiste là dove esistono profonde disparità economiche. Il criterio della maggioranza, della sovranità popolare che in sé è sacrosanto, acquista un valore puramente morale quando una minoranza detiene nelle sue mani gli strumenti effettivi del potere, cioè i mezzi di produzione e di scambio.”
Nel nostro caso, grazie a Tremonti, abbiamo già questa situazione ma, se poi domina il populismo in una delle sue versioni peggiori e non sopporta le norme democratiche della costituzione repubblicana, le cose peggiorano ancora ed entra in gioco come oggi la difesa della democrazia moderna di cui parlava Rosselli.
L’opposizione di centro-sinistra mi sembra oggi sempre più consapevole di questa drammatica realtà politica e istituzionale.
   

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