di Giorgio Santelli
Mi hanno colpito due cose, negli ultimi giorni, sulle vicende del nostro. E, una volta tanto, nulla che è uscito dalla sua bocca. Si tratta delle parole che alcuni parenti delle vittime delle stragi hanno detto in occasione dell'approvazione del processo breve e la definizione, da parte di Roberto Saviano, della macchina del fango e della differenza tra privacy e reato nel corso del suo monologo all'apertura del Festival del Giornalismo di Perugia. Due argomentazioni belle e buone per dare ancora più vigore ad una protesta e ad una mobilitazione che comincia ad avere qualche colpo di stanchezza.
Sì, stanchezza. La si vede nelle facce delle persone che manifestano e nel numero sempre più esiguo dei "protestanti". Sembra quasi che contro il rullo compressore delle leggi fatte e approvate a misura del Premier ci sia poco da fare. C'è quindi il rischio che l'indignazione ceda il passo al senso di frustrazione e di impotenza. Da una parte c'è la gente che si indigna. Dall'altra non c'è nessuna voglia di confronto. Come una schiacciasassi i parlamentari fedeli proseguono incuranti delle proteste.
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Ieri sera, ad Annozero, una donna combattente e forte come Emma Bonino ha detto, forse anche un po' sconsolata, che questo Paese non ha più stato e non ha più democrazia. Affermazioni gravi. Pesanti. Ma che sembrano perdere di potenza. Anni addietro simili considerazioni avrebbero provocato reazioni importanti. Ora, invece, ci siamo abituati al peggio. Qualsiasi cosa possa essere detta o fatta, passa quasi nell'indifferenza.
Una donna davanti a Montecitorio, come tante altre, portava a tracolla la foto della figlia e del genero treantaduenne che hanno perso la vita nella srage di Viareggio. Parlava dei termini di prescrizione che venivano ridotti. Anche se magari potevano passare da 25 a 22 anni, il senso che diceva era, "che pensate, che si prescrive prima anche il dolore per la perdita di una figlia?". Ed un'altra ancora che diceva: "Ma che dobbiamo sperare, che per capire il nostro dolore e la nostra amarezza, anche loro debbano perdere un figlio o un nipote come è capitato a noi?". Mentre loro protestavano un quasi strafottente La Russa, filmato dalle telecamere di Annozero chiedeva al giornalista: "Ma chi sono, cosa vogliono". Come se non lo sapesse. Per poi aggiungere. "Se diminuiscono i tempi dei processi, diminuiscono per tutti". Certo, per tutti: da quelli per berlusconi a quelli per la casa dello studente dell'Aquila, a quello di Viareggio, a quello per gli 80mila truffati di Parmalat. Per salvarne uno ne rendiamo impuniti migliaia.
E poi la speranza e la forza di Antonietta Cebtofanti. Lei ha perso il nipote, Davide. Arriva di fronte a una telecamera proprio mentre la Camera dice sì alla prescrizione breve. E, in breve, dice: "Ci rimane solo di mobilitarci, ora, per il referendum. In particolare quello per il Legittimo impedimento". Corradino Mineo, a Rainews, chiede: "Che c'entra però il legittimo impedimento con la prescrizione breve?". Domanda legittima e risposta forte. "Perché anche quella, come questa, è una battaglia di legalità, perchè in questo Paese dobbiamo ripristinare la legalità".
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L'altra questione si lega sempre alla legalità e al senso di una realtà che rischia di venire sempre più spesso manipolata e ridotta a fiction. C'è una macchina del fango che è pronta alla delegittimazione degli avversari politici. Lo racconta bene Saviano dal teatro Pavone di Perugia. Si è soffermato sulla "vicenda milanese" che, per lo scrittore, ''non ha nulla a che fare con la privacy''. ''Perché una cosa è il reato e una cosa è il privato. E questa vicenda ha a che fare con il ricatto. C'è una persona sistematicamente ricattata che sta mettendo a repentaglio l'intero Paese.
Se ti poni contro il Governo - ha ribadito Saviano - non arriverà la polizia politica ma sai che prima o poi arriverà qualcosa sul tuo privato''. 'Solo difendendo chi è aggredito - ha detto Saviano - si può fermare questa macchina. Facendo muro, dicendo non mi interessa. Questo è difendere la democrazia'.