Articolo 21 - CULTURA
Investimenti culturali, una panoramica impietosa sull'Italia
di Nicola Tranfaglia
Roberto Grossi, presidente di Federculture, presentando alla Camera dei Deputati( alla presenza dell’onorevole Gianfranco Fini) il Settimo Rapporto Annuale della sua Organizzazione che raggruppa le fondazioni pubbliche e gli enti locali che attendono al settore culturale, ha ricordato la drammatica situazione del nostro paese: ”Il crollo della domus di Pompei, la chiusura di biblioteche e archivi storici straordinari, l’incapacità di ricostruire monumenti e palazzi-il cuore di una città come l’Aquila - tutto ciò denota un allontanamento dell’Italia da sé stessa, dai valori che l’hanno resa unica e grande.
Ma soprattutto disegna il distacco - una distanza sempre più grave- tra i cittadini, le istituzioni e la politica. Si assottigliano l’orgoglio, il senso di appartenenza a una comunità e la legalità, si frustra la voglia di conoscenza della gente, la produzione libera e creativa, si appiattiscono l’eccellenza e il merito.”
E il presidente della repubblica Giorgio Napolitano ha affermato di recente: ”L’arte della politica, la presa di conoscenza e l’assunzione di responsabilità da parte dei poteri pubblici, consiste nel fare le scelte, nello stabilire delle priorità.” La scelta che viene fatta -vediamo ormai con chiarezza- è di disattendere la Costituzione(articolo 9)che impone a chi governa di promuovere la ricerca, tutelare il paesaggio e il patrimonio artistico della nazione. Quindi il rischio più grave che corriamo è il crinale della decadenza e il buio della democrazia.
La caduta dell’intervento pubblico nella cultura restituisce ai lettori del Settimo Rapporto una fotografia davvero impietosa.
Negli ultimi cinque anni l’intervento dello Stato nella cultura è disceso di oltre il trenta per cento: la dotazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali è passata dai 2201 milioni di euro del 2005 ai 1.509 previsti per il 2011. Solo nell’ultimo anno, tra il 2010 e il 2011, la caduta delle risorse è di quasi il dodici per cento. A ciò si aggiunge il crollo del finanziamento statale per lo spettacolo: il Fondo Unico per lo Spettacolo del 2005 è quasi dimezzato, per il 2011 si prevede uno stanziamento di 258 milioni di euro, era di 464 milioni nel 2005, quindi meno quarantaquattro per cento. L’intero settore pubblico (Stato, Regioni, Enti Locali), nello stesso periodo, ha diminuito il suo intervento nella cultura da quasi sette miliardi a circa cinque miliardi e 450 milioni,segnando un calo del venti per cento.
Lo Stato italiano nel 2010 spende in cultura l’0,21 % del bilancio statale (cioè ventuno centesimi ogni cento euro spesi) che equivale a una spesa pro capite di 25 euro l’anno contro i 46 euro l’anno della Francia. In Germania lo Stato federale investe 1500 milioni di euro in cultura, pari all’1 per cento della spesa statale cui si aggiungono 11mila euro dei Lander e dei Comuni(1,9 per cento dei loro bilanci).
In Francia il Beaubourg riceve risorse pubbliche per 75 milioni di euro,il doppio di quanto ricevono tutti i 26 musei pubblici di arte contemporanea italiani. Per quanto riceve il cinema, lo Stato francese investe 750 milioni di euro,a fronte dei circa 48 milioni destinati alle attività cinematografiche dallo Stato Italiano per il 2011.”
Un ultimo dato importante riguarda un aspetto cruciale ed è quello delle spese per scuola e università: l’Italia occupa il penultimo posto nella classifica Ocse della spesa pubblica per l’istruzione in rapporto al Pil, seguita solo dalla Slovacchia (4,5 per cento del Pil contro una media OCSE del 5,7 per cento).
Del resto, basta andare a leggersi le cifre percentuali sulla Cultura degli italiani (Laterza editori) che ha fornito l’anno scorso uno dei maggiori linguisti italiani, l’amico Tullio de Mauro sulla nostra situazione complessiva per comprendere meglio in quale abisso stiamo precipitando. Dice De Mauro, rispondendo alle domande di Francesco Erbani: ”Solo il 9 per cento degli italiani adulti, tra i 25 e i 64 anni, possiede una laurea. La media europea è del ventuno per cento, quella inglese del 25, quella tedesca del 23, quella francese del 21.” E ancora: ”Più di due milioni di adulti sono analfabeti completi, quasi quindici milioni sono semianalfabeti, altri quindici milioni sono a rischio di ripiombare in tale condizione e sono comunque ai margini inferiori della capacità di comprensione e di calcolo necessarie in una società complessa come ormai è la nostra e in una società che voglia non solo dirsi, ma essere democratica.”
Ultima annotazione. Ma gli italiani sono insensibili alla cultura e allo spettacolo?Non si può rispondere di sì perché il Settimo Rapporto certifica che “la spesa delle famiglie italiane per la cultura e lo spettacolo cresce ed è arrivata al 7% della loro spesa totale.” La colpa, insomma, non è loro ma delle classi dirigenti nazionali, purtroppo.
Ma soprattutto disegna il distacco - una distanza sempre più grave- tra i cittadini, le istituzioni e la politica. Si assottigliano l’orgoglio, il senso di appartenenza a una comunità e la legalità, si frustra la voglia di conoscenza della gente, la produzione libera e creativa, si appiattiscono l’eccellenza e il merito.”
E il presidente della repubblica Giorgio Napolitano ha affermato di recente: ”L’arte della politica, la presa di conoscenza e l’assunzione di responsabilità da parte dei poteri pubblici, consiste nel fare le scelte, nello stabilire delle priorità.” La scelta che viene fatta -vediamo ormai con chiarezza- è di disattendere la Costituzione(articolo 9)che impone a chi governa di promuovere la ricerca, tutelare il paesaggio e il patrimonio artistico della nazione. Quindi il rischio più grave che corriamo è il crinale della decadenza e il buio della democrazia.
La caduta dell’intervento pubblico nella cultura restituisce ai lettori del Settimo Rapporto una fotografia davvero impietosa.
Negli ultimi cinque anni l’intervento dello Stato nella cultura è disceso di oltre il trenta per cento: la dotazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali è passata dai 2201 milioni di euro del 2005 ai 1.509 previsti per il 2011. Solo nell’ultimo anno, tra il 2010 e il 2011, la caduta delle risorse è di quasi il dodici per cento. A ciò si aggiunge il crollo del finanziamento statale per lo spettacolo: il Fondo Unico per lo Spettacolo del 2005 è quasi dimezzato, per il 2011 si prevede uno stanziamento di 258 milioni di euro, era di 464 milioni nel 2005, quindi meno quarantaquattro per cento. L’intero settore pubblico (Stato, Regioni, Enti Locali), nello stesso periodo, ha diminuito il suo intervento nella cultura da quasi sette miliardi a circa cinque miliardi e 450 milioni,segnando un calo del venti per cento.
Lo Stato italiano nel 2010 spende in cultura l’0,21 % del bilancio statale (cioè ventuno centesimi ogni cento euro spesi) che equivale a una spesa pro capite di 25 euro l’anno contro i 46 euro l’anno della Francia. In Germania lo Stato federale investe 1500 milioni di euro in cultura, pari all’1 per cento della spesa statale cui si aggiungono 11mila euro dei Lander e dei Comuni(1,9 per cento dei loro bilanci).
In Francia il Beaubourg riceve risorse pubbliche per 75 milioni di euro,il doppio di quanto ricevono tutti i 26 musei pubblici di arte contemporanea italiani. Per quanto riceve il cinema, lo Stato francese investe 750 milioni di euro,a fronte dei circa 48 milioni destinati alle attività cinematografiche dallo Stato Italiano per il 2011.”
Un ultimo dato importante riguarda un aspetto cruciale ed è quello delle spese per scuola e università: l’Italia occupa il penultimo posto nella classifica Ocse della spesa pubblica per l’istruzione in rapporto al Pil, seguita solo dalla Slovacchia (4,5 per cento del Pil contro una media OCSE del 5,7 per cento).
Del resto, basta andare a leggersi le cifre percentuali sulla Cultura degli italiani (Laterza editori) che ha fornito l’anno scorso uno dei maggiori linguisti italiani, l’amico Tullio de Mauro sulla nostra situazione complessiva per comprendere meglio in quale abisso stiamo precipitando. Dice De Mauro, rispondendo alle domande di Francesco Erbani: ”Solo il 9 per cento degli italiani adulti, tra i 25 e i 64 anni, possiede una laurea. La media europea è del ventuno per cento, quella inglese del 25, quella tedesca del 23, quella francese del 21.” E ancora: ”Più di due milioni di adulti sono analfabeti completi, quasi quindici milioni sono semianalfabeti, altri quindici milioni sono a rischio di ripiombare in tale condizione e sono comunque ai margini inferiori della capacità di comprensione e di calcolo necessarie in una società complessa come ormai è la nostra e in una società che voglia non solo dirsi, ma essere democratica.”
Ultima annotazione. Ma gli italiani sono insensibili alla cultura e allo spettacolo?Non si può rispondere di sì perché il Settimo Rapporto certifica che “la spesa delle famiglie italiane per la cultura e lo spettacolo cresce ed è arrivata al 7% della loro spesa totale.” La colpa, insomma, non è loro ma delle classi dirigenti nazionali, purtroppo.
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