di Marco Calamai
Non è la prima volta che un capo di governo del nostro paese si presenta a una importante riunione internazionale chiedendo ai grandi del mondo comprensione verso la propria situazione personale nell’ambito della politica italiana. Alla fine del primo conflitto mondiale, nel 1919, il primo ministro Vittorio Emanuele Orlando, di fronte al no categorico di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna alla insistente richiesta di annettere Fiume al territorio italiano, si mise a piangere, raccontano alcuni storici, sostenendo che la sua vita era in pericolo se quella rivendicazione non era accettata. Orlando parlò dsi misteriose minacce provenienti da una “società segreta” non meglio identificata. Forse, viste le sue origini siciliane, Orlando si riferiva a una delle tante mafie che già allora si occupavano a modo loro della politica italiana. Fatto sta che il teatrale e imbarazzante pianto di Orlando lasciò senza parole Wilson, presidente degli Stati Uniti, Clemenceau, primo ministro francese e Lloyd George, capo del governo inglese. Si racconta che Maurice Hankey, segretario della Conferenza di Parigi, commentasse quell’incredibile episodio dicendo che “per un così inaccettabile show avrebbe preso a schiaffi suo figlio”.
E’ probabile che Obama e gli altri capi di stato abbiano pensato a qualcosa di simile di fronte ad un Berlusconi che lamentava con tono scomposto le “terribili cattiverie” nei suoi riguardi dei magistrati di sinistra, i “terroristi della giustizia italiana”. Certo è che, ancora una volta, l’Italia non ha fatto una gran bella figura sul piano internazionale. La differenza con l’episodio sopra ricordato? Oggi tali show non restano nei rapporti segreti delle cancellerie ma diventano subito, grazie alle nuove tecnologie dell’informazione, tema di conoscenza e dibattito alla portata di tutti. Per fortuna molti italiani stanno già chiedendo scusa e dando spiegazioni, via Internet, al Presidente degli Stati Uniti.