di Adriano Donaggio
Nel medioevo i mostri si aggiravano per i boschi, nella notte. Oggi si aggirano nelle società industrializzate. E purtroppo non sono fantasie che nascono nel buio del sottobosco, sono persone reali che si aggirano per le nostre strade, che usano la tecnologia, gli strumenti della società avanzata. Che mettono in atto pensieri e azioni impazzite, delittuose, destinate a portare lutti e dolori incommensurabili in molte famiglie.
La violenza si trova nell’estrema sinistra, ma non solo nell’estrema sinistra come fa comodo a parte della televisione di Stato, del nostro Stato, ma anche nell’estrema destra. Drammaticamente e senza limiti come nel caso di Oslo, ma anche in parte d’ Europa dove sono presenti cellule che si richiamano al nazismo, dove abbiamo dovuto assistere a insulti a cimiteri ebraici, a intollerabili fenomeni di razzismo, in tanti discorsi carichi di odio che alimentano il razzismo e l’ odio senza dare alcun aiuto ad affrontare in modo realistico e possibili i problemi che ci troviamo ad affrontare. Che il nostro tempo ci obbliga ad affrontare.
Per le forze politiche non debbono esistere compagni che sbagliano e non devono esistere camerati vissuti come fenomeni un stravaganti, fuori dalla storia. Le loro ideologie sono fantasie che vengono agite, fatte violenza. Purtroppo non sono fuori della storia, sono nella nostra storia e come il terrorismo di sinistra costituiscono una minaccia per la nostra civiltà. Non solo la violenza di sinistra minaccia la nostra vita civile, le conquiste della nostra civiltà. Purtroppo anche la violenza di destra minaccia la nostra civiltà e, abbiamo visto, in modo assolutamente privo di ogni ragione, ma non per questo con meno drammaticità, in modo violento, distruttivo, feroce. Così come le grandi speculazioni finanziarie minacciano la nostra civiltà.
La violenza di questo travagliato periodo della nostra storia è ormai diventata pervasiva. Si è diffusa anche nelle cose più modeste della nostra società. Freud, in un’ opera della tarda maturità, parla del “disagio della civiltà”. E’ come se non sapessimo più usare, se non in forme distruttive, quella civiltà che in tanti secoli abbiamo realizzato, quelle scoperte della tecnologia che hanno cambiato e reso potenzialmente più facile la nostra vita.
Ormai siamo arrivati a una follia tale per cui assistiamo al fatto che un’ intera famiglia aiuta la figlia a far fuori la cugina per una questione di gelosia tra le due che si sono innamorate dello stesso uomo. Quell’altro ammazza la moglie perché si è invaghito di un’ altra donna, Sono sintomi di una malattia sociale che ha perso ogni orientamento. Che diventa folle nella vita degli individui, delle famiglie, delle istituzioni, della società.
In un periodo di sofferenza sociale come quella che viviamo, di disoccupazione diffusa, di povertà materiale che non è più il problema di pochi che possiamo cercare in qualche modo di aiutare, ma il problema di un corpo sociale esteso, come può un governatore di una Regione, anche se in buona fede, prendere l’ elicottero per andare alla festa del peperoncino e non pensare che questo suo comportamento può essere percepito da alcuni come un insulto alla propria condizione, un atto di violenza fatto alla loro povertà? Quest’altro passa di villa in villa, di festa in festa. Ma gli uomini che si vedono falcidiati dagli ultimi provvedimenti fiscali (perché tali sono, al di là delle parole usate), non vivono questo come un’ offesa questo agio cha a molti può apparire incontinente ed esibito fuori di ogni misura? C’ è una violenza che colpisce la carne, ma anche una inconsapevole violenza che colpisce lo spirito.
Scriveva, nel lontano 1929, Freud, alla vigilia dell’avvento al potere di Hitler: “Non ci si può sottrarre all’impressione che gli uomini di solito misurino con falsi metri, che aspirino al potere, al successo, alla ricchezza e ammirino queste cose negli altri, ma sottovalutino i veri valori della vita”. Sì, perché quando alcuni valori non vengono avvertiti come un’ offesa, diventano un cancro, perché confondono nella gente i veri valori della vita. Per il consigliere del ministro è importante avere la Ferrari (ma cosa se ne farà mai?), la barca d’ altura; per quell’ altro avere un castello, una residenza da far invidia al Re di Francia. Ma sarà felice? A quelli che lo ammirano o lo invidiano, se è un uomo politico, sarà in grado di assicurare una vita felice e sicura?
Ogni episodio di violenza ha cause diverse, ogni sofferenza, ha cause diverse, ma come dice Freud questo “disagio ci colpisce perché ci fa sentire limitati, privati delle soddisfazioni di cui necessitiamo”.
Questa violenza diffusa, la drammaticità e la ferocia che in alcuni casi la esprime, ha anche nei casi apparentemente privi di drammaticità perché minori negli esiti, un dato comune, questo disagio della civiltà con la quale non sappiamo più vivere, in cui è più importante la speculazione finanziaria che la vita sociale degli ammalati e dei poveri che vivono in Grecia. E’ drammatica la morte del corpo, specie se colpisce così tante persone, in gran parti giovani speranze di una possibile società nuova, ma è anche drammatica la morte dell’ anima, delle emozioni che rendono viva una persona e ne consentono dignitosa la vita.
Purtroppo la violenza non è un caso isolato, drammatico ma isolato, è una situazione diffusa, con punte che ne rendono più evidente la drammaticità. E’ ormai diventata una metastasi, anche se in forme e gravità diverse, una diffusione incontrollata e incontrollabile. Questo non più il momento della ricerca del tempo perduto, ma il tempo della riconquista dei valori perduti. E non è solo questione di parole, di singoli episodi. Bisogna trovare comportamenti e stili di vita che possano rendere felice, o quantomeno significativa la vita nella nostra civiltà.
La grandezza di un grande leader non è solo quella di avere voti, soldi, successo a qualsiasi costo. La grandezza di un vero leader sta nel saper dare una speranza alla società che governa, a trovare la via per curare i mali sociali che la affliggono.