di Nicola Tranfaglia
Ci sono alcune affermazioni che ritengo fondate sulla crisi italiana che dovrebbero essere recepite e discusse dai gruppi dirigenti della società italiana per affrontare il futuro imminente ma che non sembrano far parte del dibattito politico di queste settimane. E questo mi preoccupa prima ancora come osservatore della storia italiana che come cittadino della nostra repubblica. La prima è che la crisi economica degli Stati Uniti esiste al di là degli errori che continuano a fare le agenzie di rating,a cominciare da Standard e Poor. Come ha scritto l’economista Paul Krugman sul “New York Times” a “far apparire inaffidabile l’America non sono le cifre di bilancio ma la politica….I nostri problemi sono il risultato di una destra estremista, maggiormente propensa a creare crisi a ripetizione che a cedere di un solo millimetro nelle proprie richieste.”
I problemi dell’economia degli Stati Uniti possono essere risolti nei prossimi anni ma sarà difficile farlo se la destra del Tea Party continuerà a determinare di fatto la politica dei repubblicani nel parlamento americano. Noi europei e anche noi italiani abbiamo sperimentato in altri momenti il pericolo di una situazione politica come quella che c’è oggi negli Stati Uniti.
La seconda affermazione che vale la pena richiamare riguarda il fatto che in Italia ormai il sistema politica è bloccato ma non è facile sbloccarlo sul piano costituzionale (anche se alcuni precedenti come quello dello scioglimento delle Camere da parte del presidente Ciampi nel 1994 dovrebbe,a questo punto, essere richiamato, come ha fatto Andrea Manzella nel suo intervento di oggi sulla Repubblica ).
Allora il Capo dello Stato parlò “di cause straordinarie non riconducibili alla rottura del rapporto di fiducia” che oggi esistono non meno che diciassette anni fa.
Potrà essere sbloccato, come ho scritto e ipotizzato nel mio precedente articolo del 4 agosto su Il lento tramonto del Cavaliere attraverso l’azione dei sindacati, dei cittadini, delle associazioni imprenditoriali e di categoria se la situazione economica peggiorerà.
A leggere quel che è successo nella Borsa italiana nei giorni precedenti si ha la sensazione di una difficoltà particolare del nostro paese che deriva dall’incapacità della maggioranza parlamentare e del governo, del tutto isolato nella società italiana, di realizzare una politica economica che favorisca la crescita delle imprese e l’inserimento delle nuove generazioni.
Le spinte verso l’innovazione sono scarse e anche la sinistra, che ne è stata sempre in passato l’alfiere indiscusso, appare in questi anni bloccata e poco proiettata verso un’alternativa chiara e complessiva.
Infine il contrasto tra la classe politica di governo e la magistratura si aggrava invece di ricomporsi. La chiusura della istruttoria sulla P3 conferma un dato che a me appariva già chiaro nei mesi scorsi dalle carte che avevo letto:siamo alla ennesima riproduzione del modello P2 (così ben delineato da Tina Anselmi che non smetterò mai di ricordare con rimpianto) come società segreta che viola la costituzione e le leggi, serve per combinare affari leciti e illeciti e l’amministrazione della giustizia nel caso più fortunato interviene nell’ultima fase,in altri non interviene affatto e così si attua quel sistema della “mafia come metodo” della quale chi scrive parla dall’inizio degli anni novanta.
Di qui,da questi tre elementi richiamati sulla crisi economica mondiale, sul sistema politico italiano bloccato, sul conflitto sempre più aspro tra politica e giustizia in Italia, scaturisce la necessità e l’urgenza di uscire dalla situazione attuale con gli strumenti costituzionali come con quelli politici.
La speranza è che tra agosto e settembre qualcosa avvenga per il bene dell’Italia.
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