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Il paradosso
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di Nicola Tranfaglia

Il paradosso

Chi ha occasione di andare in Europa, per ragioni di lavoro o altro, ha forse  modo di rendersi conto con maggior lucidità del clima asfittico e chiuso che caratterizza in questo periodo da alcuni mesi  la nostra vita politica e culturale.
Non c’è soltanto un problema crescente  di assenza, o eccessiva esiguità di risorse, per la cultura e per la ricerca, nelle scuole e nelle università ma c’è anche una difficoltà notevole di uscire dal torpore e dall’assenza di stimoli che ha caratterizzato il ventennio che si sta concludendo con il lento e  difficile tramonto del populismo autoritario di Silvio Berlusconi.
E i paradossi si succedono di fronte a chi osserva con occhio limpido la politica italiana nell’anno dei centocinquanta anni dell’Unità.
Negli ultimi giorni abbiamo assistito a numerose dichiarazioni di miliardari e grandi  industriali che, di fronte all’inerzia del governo Berlusconi, si pongono il problema di misure per la crescita più efficaci degli annunci forniti nei giorni scorsi dall’esecutivo. Ma da questo non arrivano risposte di nessun genere.
Peraltro i danni procurati da questo ultimo esecutivo negli ultimi anni sono gravi. Per una mia vecchia deformazione professionale di studioso e professore di storia del giornalismo sono colpito dal conformismo dei canali televisivi controllati da Berlusconi in Mediaset e nella Rai ma anche della prudenza ancora usata dal Corriere della Sera di Milano e dalla Stampa di Torino che sono pronti a staccarsi dal governo ma continuano a dare un colpo al cerchio e uno alla botte perché non si sa ancora quando Berlusconi cadrà in parlamento e dovrà dare obbligatoriamente le dimissioni.
Nessuno sa se il Cavaliere  conserverà la maggioranza magari di uno o due voti o dovrà cedere le armi e nel frattempo i grandi giornali restano cauti nella loro linea. Quanto ai giornali dei partiti, anche dell’opposizione, le gerarchie politiche  interne hanno paura dei collaboratori esterni, e in un certo senso poco controllabili, e così il conformismo si generalizza ed è impossibile sentire novità di qualche interesse su quel che accade o sta per accadere.
Un clima insomma di ristagno e attesa indefinita che succeda qualcosa,che un cambiamento si materializzi.
Le grandi manifestazioni, come quella dei democratici in piazza San Giovanni ieri, segnano il tentativo pur necessario di far sentire all’opinione pubblica che le opposizioni ci sono e sono disposte ad assumersi le responsabilità politiche richieste dalla situazione.
Se le votazioni di queste settimane costringeranno Berlusconi ad andare al Quirinale, il Capo dello Stato Napolitano  dovrà di necessità interpellare le forze politiche dei due schieramenti e verificare se c’è la possibilità di formare un governo di transizione che,con l’appoggio di tutte le forze politiche presenti in parlamento, faccia una nuova legge  elettorale (quella in vigore oggi è la negazione della democrazia) e approvi rapidamente un disegno di legge efficace per il superamento della grave crisi economica tuttora presente in Italia e in tutto l’Occidente.
Ma chi conosce l’attuale presidente del Consiglio sa che Berlusconi farà l’impossibile per mantenere il potere nonostante sia stato ormai abbandonato dal Vaticano e,almeno in parte,dagli imprenditori,oltre che dai sindacati e dalle masse popolari.
Vivremo perciò un prossimo periodo di forti contrasti politici e sociali e di indubbia instabilità né si può escludere che la resistenza di Berlusconi conduca direttamente alle elezioni politiche agli inizi del prossimo anno 2012.
Non è vero che il partito democratico e le altre forze di centro-sinistra non hanno elaborato idee di governo ma sarà il caso di farle conoscere meglio e di discutere non soltanto nelle assemblee di partito.
E’ quello che devono augurarsi tutti i cittadini interessati alla politica e preoccupati per l’assalto alla costituzione che i vari populismi presenti oggi tenta da molti anni. Chi scrive è proprio tra questi e si preoccupa non da oggi di quello che accadrà nel nostro paese dopo l’uscita di scena inevitabile del padrone di Mediaset. 

La politica sospesa tra democrazia diretta e responsabilità civile dei governanti - di Gianni Rossi


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