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Chi paga la velocità?
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di Paolo Cacciari

Chi paga la velocità?

La verità è che ci facciamo prendere in giro. Quindi, ce la meritiamo. Il nuovo lancio pubblicitario di Trenitalia spa (ma sarebbe più giusto chiamarla, “Trenimoretti”, visto che l’Ad la gestisce come un treno di un Montezemolo qualunque) è: “Trenitalia si fa in quattro”. E spiega, nelle brochure gentilmente consegnate ai clienti-viaggiatori da ragazze hostess sui predellini del treno ad alta velocità in partenza alla stazione Termini, che: “niente più classi (la 1° e la 2°), ma livelli di servizio tagliati su misura: innovativi, tecnologici, sempre connessi (…) Il concetto è stare più democraticamente comodi”. I nuovi “livelli” (nei transatlantici oceanici erano i  “ponti”), si chiamano: “executive business, premium, standard”. Cioè due in più delle vecchie “classi”, più – come al solito -  il livello “zero”, quello dove si sta fermi se non si hanno i denari per pagare cifre da capogiro per una delle tratte dei treni veloci (“frecce rosse”, “argento”, ecc. che percorrono l’Italia da Torino a Salerno, forse).  Nel “livello executive” – c’è scritto sulla rivista patinata “La freccia” - troverai 10 (dico: dieci!) posti su cui potrai “rilassarti su ampie poltrone in pelle con schienale e poggia gambe regolabili, per ritrovare tutta la comodità di casa tua” e ti sarà servito un “pasto gourmet”. Sul livello “business” potrai avere “due salottini riservati” e godere di una “area silenzio”. Sul “premium” avrai un “welcome pack”. Sullo “standard” avrai solo “prezzi convenienti” (sic!), probabilmente rispetto ai prezzi maggiorati degli altri livelli.


L’arroganza di Mauro Moretti ha il pregio di far aumentare l’odio sociale, “di classe”, si sarebbe detto una volta. Il difetto è quello di farmi morire di bile.
Vengono in mente gli scritti sulla mobilità di Ivan Illich (L’elogio della bicicletta), Jean Robert (Tempo rubato), Colin Ward (Dopo l’automobile), Guido Viale (Tutti in taxi), Ivan Cicconi (Il libro nero dell’alta velocità) che spiegano come l’aumento della velocità di alcuni fa diminuire quella della maggior parte dei viaggiatori. Scriveva Robert trent’anni fa: “L’accelerazione di alcuni diminuisce la vostra mobilità e degrada il vostro spazio vitale (…) Coloro che decidono agiscono come se l’interesse generale ordinasse loro di rendere più veloci gli uomini che incidono più pesantemente nell’apparato produttivo. Dunque, scelgono di credere che il valore del tempo di ciascuno sia indicativo del ruolo che riveste nella produzione di ricchezza sociale.(…) Gli itinerari più rapidi si dischiudono davanti agli individui più pesanti”. Per lasciare passare questi signori fortunati si creano  gli “ingorgati” nel traffico ordinario, “la coorte dei rallentati”. Cosicché: “La parte del tempo sociale mangiato dai trasporti aumenta con lo sviluppo delle infrastrutture stradali o ferroviarie. Ciò che gli amministratori esigono da una Rer (treno ad alta velocità francese), da un aeroporto o da una tangenziale è che facciano guadagnare tempo agli agenti economici giudicati più produttivi”.


 Da quando hanno quadruplicato con sede dedicata all’alta velocità la linea Venezia Padova  - ad esempio - i tempi di percorrenza (da orario ferroviario) dei treni regionali tra le stazioni intermedie è aumentato. Per potersi concentrare sui treni più remunerativi (ma sarà davvero vero? Nei bilanci dettagliati linea per linea le ferrovie calcolano, ad esempio, le sale d’attesa e le biglietterie riservate ai Vip, il personale aggiuntivo di pulizia viaggiante, le comunicazioni dedicate, ecc.?). Trenitalia sta tagliando a man bassa le linee a lunga percorrenza normali (gli espressi). Presto, per andare da Trieste a Napoli non basteranno quattro cambi. Ovviamente senza coincidenze.


Bisognerebbe ricordare agli uomini del marketing di Trenitalia che una volta di classi ce n’erano tre, ma almeno ricchi e poveri, pur viaggiando in carrozze separate, arrivavano assieme. Ora una persona che è poco solvibile sul mercato non arriva più. Nemmeno parte. C’era più “democrazia” allora che non ora.
Seconda considerazione. Mi è capitato (con un biglietto prenotato in prima classe per errore, non da me)  di viaggiare con un Tav. Ho scrutato i passeggeri. Secondo me ce n’erano pochi che non “paga la ditta”, cioè noi, in sovraprezzo quando andiamo a comprare le merci. In tutti la stessa espressione  di ostentata ricchezza con la voglia di separarsi e di escludere. Probabilmente quando sbarcheranno entreranno nel loro Suv corazzato con due o quattro tubi di scappamento ed andranno nelle loro abitazioni ideali, che mi immagino siano in quartieri esclusivi protetti. Ho letto da qualche parte che negli Stati Uniti ogni quattro occupati ce n’é uno addetto in qualche modo a lavori della sicurezza: guardie giurate, poliziotti, soldati. Anche nelle stazioni italiane ne ho visti, a scorta dei bigliettai impegnati per il controllo dei biglietti. Eh già! Il mercato si regola da solo.


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