Articolo 21 - INTERNI
De Angesli di nuovo a rischio licenziamento
di Paolo Persichetti*
Dieci giorni di sospensione. E’ questa la nuova sanzione disciplinare inflitta da Trenitalia spa a Dante De Angelis, macchinista delegato alla sicurezza sui treni, già licenziato due volte per le sue denunce e per due volte reintegrato «grazie alla mobilitazione». La prima volta venne allontanato dalle Fs con la polizia ferroviaria, un atto che fu definito da più parti di “fascismo aziendale”, per aver segnalato problemi sui treni Eurostar. Quella comminata ieri è la misura punitiva più grave dopo la quale esiste solo il licenziamento. La colpa: aver accostato l’atteggiamento delle Ferrovie dello Stato a quello tenuto dalla Fiat dopo il mancato reintegro sul posto di lavoro dei tre operai di Melfi licenziati dall’azienda torinese, nonostante la sentenza del giudice. A De Angelis Trenitalia contesta un articolo apparso il 24 agosto scorso su un portale d’informazione on-line, UnoNotizie.it, intitolato “Fiat. Marchionne, lavoro, salario, dignità”, nel quale oltre ad esprimere solidarietà agli operai di Melfi afferma che «anche le FS, in occasione del mio primo licenziamento hanno tentato di tenermi fuori dall’azienda garantendomi lo stipendio; una scorciatoia antidemocratica e antisindacale molto insidiosa ma che con i compagni di lavoro abbiamo respinto con forza perché finalizzata a separare fisicamente i lavoratori tra loro e dalla realtà lavorativa e a neutralizzare la loro attività».
Secondo Trenitalia tale affermazione sarebbe «del tutto fuorviante», in quanto De Angelis non è stato destinatario di alcun provvedimento giudiziale di reintegra ma ha ripreso il lavoro «a seguito di conciliazione giudiziale» mentre la società non gli avrebbe «mai offerto alcun tipo di remunerazione» per mantenerlo “fuori dall’azienda”. Tali dichiarazioni – prosegue sempre la contestazione disciplinare inviata il 15 settembre scorso ma pervenuta solo il 4 ottobre – avendo fatto ricorso ad «espressioni non improntate ai canoni di lealtà e chiarezza propri di qualsiasi dichiarazione pubblica» avrebbe determinato una falsificazione della realtà, provocando «una grave lesione dell’immagine della società». Dopo l’articolo incriminato Trenitalia afferma di aver condotto ulteriori «accertamenti interni» scovando una intervista apparsa il 5 luglio sul Tirreno, nella quale De Angelis denunciava il degrado della sicurezza sui treni dopo la privatizzazione dell’azienda e il ricorso sistematico al sistema dei subappalti, citando in proprosito il numero di decessi per incidenti provocati dalle porte killer (21) e gli infortuni sul lavoro (23) riportati da passeggeri e lavoratori. Dati ritenuti dall’azienda «assolutamente infondati» con l’aggravante di essere riportati «con toni allarmistici ed inappropriati».
Nella sua replica De Angelis a buon gioco nel ricordare all’azienda alcune circostanze «pacifiche e notorie», come il fatto che la società abbia avanzato «per ben due volte proposte conciliative comprendenti entrambe l’estromissione dal posto di lavoro come macchinista e (delegato alla sicurezza)». Una prima volta offrendo un trattamento economico sostitutivo del salario comportante l’implicita rinuncia ad agire in giudizio. Atteggiamento che mostra come «Trenitalia, non diversamente dalla Fiat, fin dal principio si dimostrò ben disposta a pagare, anche in assenza di una prestazione lavorativa perché io restassi fuori dall’azienda». Così accadde anche successivamente – precisa nelle sue “Deduzioni” – quando l’azienda propose una ricollocazione lavorativa con «assunzione ex novo presso altra società controllata dal gruppo Fs». Da questi fatti, ribadisce De Angelis, «appare ancora una volta, oggettiva e innegabile l’analogia storico-politico-sindacale con i fatti di Melfi». Per quanto riguarda l’intervista al Tirreno un evidente refuso giornalistico, estraneo alla volontà e all’operato dell’intervistato, ha fatto sì che le cifre citate venissero riportate in mesi anziché in anni. Errore prontamente corretto con richiesta di rettifica appena avutane conoscenza.
I lavoratori delle ferrovie denunciano un clima generale di repressione che si è abbattuto negli ultimi tempi anche su altri dipendenti e delegati, definiscono l’episodio un vero e proprio «atto intimidatorio», un tentativo di «ostacolare non soltanto l’attività sindacale, di soffocare il libero pensiero e la libertà di espressione ma anche la solidarietà tra i lavoratori».
*da Liberazione
Secondo Trenitalia tale affermazione sarebbe «del tutto fuorviante», in quanto De Angelis non è stato destinatario di alcun provvedimento giudiziale di reintegra ma ha ripreso il lavoro «a seguito di conciliazione giudiziale» mentre la società non gli avrebbe «mai offerto alcun tipo di remunerazione» per mantenerlo “fuori dall’azienda”. Tali dichiarazioni – prosegue sempre la contestazione disciplinare inviata il 15 settembre scorso ma pervenuta solo il 4 ottobre – avendo fatto ricorso ad «espressioni non improntate ai canoni di lealtà e chiarezza propri di qualsiasi dichiarazione pubblica» avrebbe determinato una falsificazione della realtà, provocando «una grave lesione dell’immagine della società». Dopo l’articolo incriminato Trenitalia afferma di aver condotto ulteriori «accertamenti interni» scovando una intervista apparsa il 5 luglio sul Tirreno, nella quale De Angelis denunciava il degrado della sicurezza sui treni dopo la privatizzazione dell’azienda e il ricorso sistematico al sistema dei subappalti, citando in proprosito il numero di decessi per incidenti provocati dalle porte killer (21) e gli infortuni sul lavoro (23) riportati da passeggeri e lavoratori. Dati ritenuti dall’azienda «assolutamente infondati» con l’aggravante di essere riportati «con toni allarmistici ed inappropriati».
Nella sua replica De Angelis a buon gioco nel ricordare all’azienda alcune circostanze «pacifiche e notorie», come il fatto che la società abbia avanzato «per ben due volte proposte conciliative comprendenti entrambe l’estromissione dal posto di lavoro come macchinista e (delegato alla sicurezza)». Una prima volta offrendo un trattamento economico sostitutivo del salario comportante l’implicita rinuncia ad agire in giudizio. Atteggiamento che mostra come «Trenitalia, non diversamente dalla Fiat, fin dal principio si dimostrò ben disposta a pagare, anche in assenza di una prestazione lavorativa perché io restassi fuori dall’azienda». Così accadde anche successivamente – precisa nelle sue “Deduzioni” – quando l’azienda propose una ricollocazione lavorativa con «assunzione ex novo presso altra società controllata dal gruppo Fs». Da questi fatti, ribadisce De Angelis, «appare ancora una volta, oggettiva e innegabile l’analogia storico-politico-sindacale con i fatti di Melfi». Per quanto riguarda l’intervista al Tirreno un evidente refuso giornalistico, estraneo alla volontà e all’operato dell’intervistato, ha fatto sì che le cifre citate venissero riportate in mesi anziché in anni. Errore prontamente corretto con richiesta di rettifica appena avutane conoscenza.
I lavoratori delle ferrovie denunciano un clima generale di repressione che si è abbattuto negli ultimi tempi anche su altri dipendenti e delegati, definiscono l’episodio un vero e proprio «atto intimidatorio», un tentativo di «ostacolare non soltanto l’attività sindacale, di soffocare il libero pensiero e la libertà di espressione ma anche la solidarietà tra i lavoratori».
*da Liberazione
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