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Articolo 21 - CULTURA
Natale a Lampedusa
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di Giuseppe Basile

Natale a Lampedusa Raramente, credo, è dato ritrovare nel degrado disastroso di un’opera d’arte, e così altamente significativa qual’è la Porta d’Europa di Mimmo Paladino, un riflesso tanto fedele della situazione che stiamo vivendo. Non c’è dubbio che da quando, a fine giugno 2008, l’opera fu installata sull’isola e, a maggior ragione, da quando era stata commissionata all’artista, la situazione è  radicalmente cambiata: a livello planetario, ma con una drammatica e, per certi versi, imprevedibile concentrazione e accelerazione proprio in quell’area del Mediterraneo del Sud di cui le Isole Pelagie hanno da sempre rappresentato il più naturale, e quindi funzionale, punto di transito e di snodo verso il continente europeo.
Naturalmente anche in passato ci sono stati periodi in cui è stata messa a durissima prova la stessa sopravvivenza fisica, oltre che i valori, di quelle comunità, ma in nessun caso nelle dimensioni potenzialmente distruttive di questi ultimi tempi.
E proprio contro il rischio reale di perdita di quanto può configurare concretamente la propria identità storica hanno cominciato a muoversi da tempo le realtà locali più sensibili, soprattutto di volontariato giovanile, in particolare quello raccolto attorno al giovane e dinamicissimo Parroco Don Stefano Nastasi ed alla Associazione culturale Askavusa,, intestata a Peppino Impastato, con il suo infaticabile animatore Giacomo Sferlazzo.
Essi intendono operare con un orizzonte molto ampio e un respiro internazionale, per cui accanto all’interesse, da parte della comunità ecclesiale, a riscoprire le tracce del proprio passato, c’è parimenti l’intento di documentare adeguatamente il periodo precristiano oltre che a mettere in giusto rilievo elementi di indubbia attualità, come la pacifica convivenza tra cristiani e islamici.
Questa trovava storicamente nella celebrazione congiunta della festività della Madonna di Porto Salvo il suo momento più significativo, anche in quanto riaffermazione della cultura dell’accoglienza, ancora vivissima tra la popolazione ( come testimonia, tra gli altri, il recentissimo volume Lampedusa: porto salvo! , frutto dell’esperienza diretta del Laboratorio Interculturale La Lucerna) nonostante si sia fatto di tutto, da parte degli organismi “responsabili” e dei mass media “di servizio” o “indipendenti”, per fare apparire il contrario.
Analogamente l’Associazione Askavusa, che ne ha proposto l’istituzione, non intende fare qualcosa di analogo ai Musei già esistenti sullo stesso tema, ma piuttosto un  Museo delle migrazioni in cui il fenomeno degli “spostamenti” viene visto in tutta la sua ampiezza e complessità  “naturale”, motivo per cui, a maggior ragione, l’ aspetto che esso ha assunto oggi mostra  per intero la sua inaccettabile carica negativa.
Askavusa ha salvato dalla demolizione e successiva distruzione ( in quanto “oggetto di reato” ) 3 barconi scampati al mare e agli scafisti ed ha raccolto dalle discariche una grande quantità di oggetti appartenuti ai “migranti” più sfortunati o che comunque li hanno smarriti o abbandonati: schede identificative, passaporti, rubriche, agende, lettere, appunti, anche Bibbie e Corani, nonché tanti oggetti d’uso quotidiano.
Ora si tratta di compiere tutti quei passi che consentano di istituire, realizzare e fare funzionare quello che solo provvisoriamente viene chiamato “ museo”, non solo perché, in realtà, vuole essere molto di più di un museo, ma anche perché il fenomeno da cui ha preso l’abbrivio è tutt’altro che cessato e “oggetto da museo”, anche se le Autorità responsabili hanno trovato più comodo “chiudere”, dopo i noti fatti, il Centro d’accoglienza, che infatti appare sbarrato.
Sicchè gli ultimi 69 arrivati è come se non esistessero. Nessuno sa per quanto tempo potranno restare in albergo, segregati, sopravvivendo solo grazie alla carità “illegale” della Parrocchia e degli altri uomini di buona volontà: la pace regna a Lampedusa!

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