di Francesco Peloso
da Il mondo di Annibale
Arriva il premier in Vaticano, non si inchina, sorride, e i due professori conversano amabilmente. Stato e Chiesa cercano di stabilire nuove relazioni nel tempo della crisi
Sembra solo ieri che B. e il suo fido Letta, salivano, sorridenti e sguscianti, negli alti piani del Palazzo apostolico. E i prelati, i gentiluomini di Sua Santità, che accoglievano, che conversavano, come da prassi, come da protocollo, i due potenti. Il cronista che ieri mattina ha visto arrivare Monti e la sua delegazione in Vaticano ha tirato un sospiro di sollievo. Sembra passato un tempo lungo da quell'epoca che è appena dietro le spalle, che è ancora tra noi. E' stato tutto più normale, senza inchini, senza compiacenze inutili, senza false e pompose dichiarazioni di fede. E anche il Papa era più rilassato, ha guardato Monti e gli ha detto: che disastro che vi siete trovati a dover gestire. Una frase spontanea e inevitabile, come quando si commenta con qualche preoccupazione il tempo. Eppure è stato un epitaffio tremendo sull'operato di quelli che Monti lo hanno preceduto. Di seguito il servizio che ho realizzato sul Monti in Vaticano
Il Vaticano sta con Mario Monti, anzi il Papa è consapevole dello sforzo che il governo ha dovuto sostenere "in una situazione quasi insolubile". Se c'è una distanza che si misura con il recente passato nei rapporti fra Santa Sede e Italia, è proprio nella familiarità senza orpelli con la quale il Presidente del Consiglio è stato accolto da Benedetto XVI, ieri mattina, nella biblioteca privata del Palazzo apostolico. I due "professori", Ratzinger e Monti, hanno trovato subito un'intesa nello stile e nell'approccio misurato, nel badare ai contenuti e anche nello scambio finale di doni: libri, stampe antiche e penne preziose. In tutto hanno parlato da soli per circa 25 minuti, secondo quanto previsto dal protocollo. Monti era arrivato in Vaticano poco prima delle 11 con una delegazione nutrita e caratterizzata dalla presenza di due ministri, Giulio Terzi, capo degli Esteri, e Enzo Moavero Milanesi, responsabile degli Affari europei.
La gravità della crisi economica, le difficoltà che ne sono derivate, la capacità di reazione della politica, sono stati fra gli argomenti trattati nel quasi summit fra governo e Vaticano svoltosi all'interno Palazzo apostolico. Forte, per altro, rimane la preoccupazione nei sacri palazzi per il nostro Paese. Il comunicato finale diffuso dalla Santa Sede, rilevava poi, come "nel corso dei cordiali colloqui", fossero "stati affrontati temi che riguardano la situazione sociale italiana e il relativo impegno del Governo, nonché il contributo della Chiesa cattolica alla vita del Paese". Sullo sfondo, d'altro canto, restano le questioni legate alla ridefinizione dei rapporti fra Stato e Chiesa dal punto di vista fiscale, al finanziamento del sistema assistenziale e educativo messo in campo dalle istituzioni religiose, e al complessivo riordino delle relazioni fra le due sponde del Tevere alla luce di una crisi economica e di un avvio di mutamento politico che sembrano assumere carattere sistemico.
E in effetti, come pure ha sottolineato l'Osservatore romano di ieri, la visita di Monti, preparata nei dettagli, non è stata "di circostanza", mentre le relazioni bilaterali venivano definite "eccellenti". Fin dai primi giorni del suo mandato il premier, da parte sua, ha dimostrato di voler tenere nella massimo conto il ruolo e il peso della Chiesa in Italia, allo stesso tempo, senza clamore, ha fatto capire che si può aprire un negoziato senza conflitti anche sulla delicata questione delle risorse economiche indirizzate alla Chiesa. In questo senso, importante, oltre al colloquio con il Pontefice, è stato certamente il successivo faccia a faccia del premier con il Segretario di Stato Tarcisio Bertone. Per altro molti dei temi sul tappeto nel confronto fra governo e Vaticano verranno approfonditi durante il prossimo incontro fra ministri e vertici ecclesiastici che si svolgerà a febbraio in occasione del ricevimento organizzato dall'ambasciata italiana presso la Santa Sede per la ricorrenza dei Patti lateranensi.
Sembra, insomma, che da parte vaticana il governo Monti sia considerato come un esecutivo di svolta, per quanto abbia - sulla carta - un profilo tecnico e con una prospettiva di non lunghissima durata. Tuttavia il rilancio in grande stile del ruolo europeo dell'Italia operato dal Presidente del Consiglio, viene visto con grande favore Oltretevere, anche perché significa l'uscita dalla marginalità e da una sorta di 'quarantena' internazionale per il Paese che ospita la sede di Pietro.
Tanto che ieri l'Osservatore romano ha mosso, sulla sua prima pagina, un attacco di inusitata durezza all'agenzia di rating Standard & Poor's il cui declassamento delle economie di nove Paesi dell'Ue viene definito "sospetto". "Difficile dire - affermava il quotidiano vaticano - se quella di 'Standard&Poor's' sia un'azione politica, uno stratagemma americano contro l'eurozona (in effetti, la stessa agenzia ha declassato il rating a stelle e strisce la scorsa estate) o l'ennesima rivalsa degli speculatori". "Nonostante il frastuono - era la conclusione - 'Standard&Poor's' non dice nulla di nuovo: l'Europa ha bisogno di crescere. Subito". Un sostegno esplicito all'Unione e alla strategia di Monti che forse ridisegnava anche un primo autorevole ritorno della Santa Sede sulla scena internazionale. Da notare ancora che ieri, in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario in Vaticano, c'era anche un terzo ministro del governo Oltretevere, il responsabile della Giustizia Paola Severino che già aveva accolto il Papa nella sua visita a Rebibbia.