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Quando gli avvocati ''vendono'' i lavoratori
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di Samanta Di Persio

Quando gli avvocati ''vendono'' i lavoratori

Il Gruppo Sarni può vantare: 30 punti vendita con il brand “Sarni” per la gestione di bar,  gelaterie,  pizzerie e ristoranti self service nei centri commerciali; 50 punti vendita con il brand “Follie d’Oro” per la gestione di oreficerie e orologerie;40 punti vendita nella gestione di Aree di Servizio autostradali (secondi in Italia);oltre 1.500 dipendenti  su tutto il territorio nazionale. 
Il Gruppo Sarni è un’azienda accogliente in cui si respira calore, per cui viene data estrema importanza alla valorizzazione del prodotto e per cui risulta essere determinante la cordialità con cui è trattato il cliente. Lo scopo principale è fare in modo che ogni cliente sia talmente soddisfatto del servizio e dei prodotti che vengono offerti da decidere di tornare sempre più spesso e sentirsi parte di questa grande famiglia. (dal sito www.grupposarni.it)
Il messaggio è chiaro: solidità dell’azienda e massima attenzione al cliente, ma i dipendenti oltre ad essere un numero cosa sono per il gruppo Sarni? Maria Esposito, insieme a sette colleghe, da tre anni sono state licenziate illegittimamente proprio dal gruppo Sarni.
Nel giugno del 2007 Sarni rilevò le quote del gruppo Fini. Maria Esposito e le sue colleghe lavoravano nel ristorante Finifast presso il centro commerciale il Parco di Calenzano. L’azienda, di proprietà della società il Parco srl, era gestita in regime di affitto dalla Finifast. Il 4 dicembre 2012 Finifast cedette la gestione dell’azienda a Finifast two, stipulando un contratto di subaffitto. Il 28 gennaio 2009 la Finifast cedette il ramo d’azienda  oggetto del contratto di affitto. Da subito i rapporti fra i vertici aziendali, i lavoratori e le organizzazioni sindacali si presentarono complessi. La Finifast applicava il miglior contratto del settore ristorazione, mentre la nuova dirigenza rifiutava l’applicazione di alcune clausole del Contratto Nazionale Collettivo (fornitura del vitto ai dipendenti e l’integrativo aziendale). Le lavoratrici a fine 2008 scioperarono, ma vennero sostituite da dipendenti di un altro punto ristoro.
La mattina del 24 marzo 2009 tutte le lavoratrici ricevettero una lettera di licenziamento con decorrenza 31 marzo 2009 per cessazione dell’attività. Il provvedimento era incomprensibile poiché il locale era gestito in regime di affitto d’azienda, quindi in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua. Ma l’intento era di dar vita ad una società ad hoc, la Calenzano 2 srl, che svolgesse sempre la stessa attività, con meno di quindici dipendenti, infatti in data 2 aprile 2009 furono riassunte solo le lavoratrici remissive alle nuove regole imposte (non erano iscritte alla Filcams-CGIL e non avevano partecipato allo sciopero). Il 2 marzo 2010 il Giudice del lavoro del tribunale di Prato chiese il reintegro delle otto lavoratrici poiché i licenziamenti erano nulli.
Il gruppo Sarni manifestò la propria volontà di opporsi in ogni modo alla sentenza di reintegro. Il 27 maggio del 2010 presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Prato tra le lavoratrici e l’azienda venne firmata una transazione: le lavoratrici accettarono il licenziamento e l’azienda accettò di pagare € 10.000 ciascuna (€ 1250 per ogni lavoratrice con scadenza 30.05.2010, 30.06.2010, 30.07.2010, 30.08.2010, 30.09.2010, 30.10.2010 e l’ultima rata di € 2.500 il 30.12.2010) (Alla Finifast two venne chiesto di pagare integralmente le spese legali liquidate dal Tribunale di Prato in favore dei due avvocati scelti dalla Filcams-CGIL €  28.125,00 + IVA e CAP) .
Fino ad oggi alle lavoratrici sono state liquidate solo le prime due rate, quelle che l’azienda riteneva di dover pagare. Gli avvocati della Filcams-Cgil non si sono interessati ai restanti pagamenti e a dicembre 2010 le lavoratrici sono state costrette a cambiare avvocati.
Da Gennaio 2011 il nuovo avvocato invia precetti alle sedi legali ed alle residenze degli amministratori legali, senza riceve risposta.
Ad ottobre 2011, tramite visura camerale si evince che la società è stata nuovamente venduta, questa volta a due persone di Chieti. L’avvocato manda un primo precetto alla sede legale di Chieti, ma questa non esiste, allora lo manda alla residenza dei soci, il padre, di uno dei due, risponde che il figlio si è trasferito a Pescara. Le lavoratrici hanno dovuto prendere un secondo avvocato di Chieti. Fino ad oggi il precetto giace presso un ufficio postale di Chieti, dove possono trattenerlo per sei mesi, mentre la ricevuta di ritorno si è persa!!


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