di Ali Izadi
da Il mondo di Annibale
In epoca non sospetta, tre mesi fa per la precisione, il nostro ex presidente Khatami, amato da molti e comunque rispettato da tutta l'opposizione, da tutto il popolo iraniano, aveva dichiarato ufficialmente che non avrebbe partecipato alle elezioni politiche di ieri a meno che non vengano tre condizioni: la sua prima condizione era che il regime scarcerasse tutti i prigionieri politici, che venisse consentita l'attività politica a tutti i partiti iraniani, molti dei quali sono considerati clandestini, che venga rispettata la nostra costituzione.
Questa posizione ferma stava facendo nuovamente di lui "il vero presidente", l'eroe dell'Iran. E' stato un trauma per tutti, ieri, vederlo entrare in un seggio e votare. Tutta l'opposizione si è sentita tradita, a partire dai sette più grandi ayatollah del paese che non hanno cambiato idea e non sono andati a votare. Nessuno si è sorpreso che Rafsanjani, sia andato a votare, lui è un pragmatico. Ma Khatami ha sorpreso tutti, ha lasciato tutti basiti, a cominciare da suo fratello, Mohammad Reza Khatami, leader del Mosharekat, che ovviamente non è andato a votare.
Khatami spiegherà i motivi del suo gesto, della sua decisione, del suo impensabile cambio di rotta? Non lo so, ma una spiegazione già si sussurra: Khatami avrebbe saputo che se un uomo come lui, il politico iraniano più famoso nel mondo, in tutto il mondo, non fosse andato a votare, allora i pasdaran avrebbero eliminato tutti i i leader politici dell'opposizione imprigionati, da Karrubi a Musawi. Khatami avrebbe avuto tutti gli elementi per ritenere plausibile questa minaccia e valutarne le conseguenze. Insomma, Khatami sarebbe stato ricattato e avrebbe ritenuto che la vita della leadership dell'opposizione contasse di più del suo "bel gesto", del suo tornare ad essere l'eroe dell'Iran.