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Il Professore rieducato
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di Federico Orlando

Il Professore rieducato

Non sapremo per ora quali sentimenti o immagini siano passati nell’animo della cancelliera Merkhel martedì sera, incontrando un Monti da giorni sotto i cecchini berlusconiani. Non mi riferisco solo agli ex ministri del Cavaliere, che nel recente seminario del Pdl a Gubbio hanno raffigurato la crisi italiana come la farsa di due “bolle”: una bolla mediatica e una bolla tecnica. La prima convinse gli italiani, Napolitano in testa, che lo spread italo-tedesco sarebbe diventato esplosivo se non avessimo cambiato governo; la seconda sta ora convincendo il medesimo popolo e il suo mandriano che l’Italia è quasi salva, grazie al governo dei professori, che ha riportato in basso lo spread. Parola che per i relatori di Gubbio non significa niente, perché nulla ha da spartire con l’economia reale, in caduta.

Mi riferisco invece e soprattutto ai maoisti del Pdl che sognano un professor Monti rieducato dagli allievi, come facevano le guardie rosse ai tempi della rivoluzione culturale. Il professore deve  imparare soprattutto questo:  che lui può restare in cattedra  solo se si limita a giocare con la crisi e i suoi rimedi di pronto soccorso, gli stessi che a Gubbio sono stati ridicolizzati come “bolle”. E non deve immischiarsi di ciò che è e deve restare pertinenza di Cosa nostra, vedi televisione e giustizia. Evidentemente, contano di farle arrugginire sui binari dove ora parcheggiano, tra una prescrizione Mills, un’orazione Pro Verre del pg della Cassazione, e una finezza istituzionale per lasciare la Rai come si trova. Naturalmente Monti sa che in questi giochi bizantini e gesuitici la destra conta di logorarlo, di salvare il malloppo degli interessi forti che fanno capo all'ex premier; sicché questi o un suo Costa possano portare una destra rinfrancata alle elezioni, magari col modello Palermo.

Perciò il presidente del consiglio ha nuovamente convocato i segretari dei tre partiti, non rinunciando a iscrivere anche Rai e giustizia nell'ordine del giorno, ma diluite in una lenzuolata di problemi, e incipriate in una filosofia più economicistica che istituzionale. Inoltre, ad Alfano avrà anticipato una cosa ovvia, ma che, detta da lui, è minacciosa: il giudizio europeo (e americano) sull'avviata rinascita dell'Italia si fonda principalmente ma non esclusivamente sui dati finanziari e sul riformismo sociale. Coinvolge la valutazione del sistema politico generale, compresi politica estera, giustizia, comunicazione, scuola, ricerca, moralità pubblica e lealtà nei rapporti interni e internazionali. Per esempio, l'eclisse del falso in bilancio e di altri reati societari è notoriamente una sleltà verso i soci di minoranza e gli eventuali  investitori stranieri: che in effetti non investono più nelle nostre società, trasformando così una crisi etico-giuridica in una crisi economico-politica. E dunque Monti dirà ai suoi interlocutori di domani che la fiducia dell'Europa nel risanamento dell'Italia potrebb' essere bloccata e ritirata, se prevalesse la volontà del più numeroso gruppo parlamentare che il governo non esca dai “limiti” dell'emergenza.

Che una simile pretesa sia “da schifo”, appare chiaro non solo a una probabile maggioranza di italiani; ma anche ai nostri interlocutori europei. Merkel in testa. E chissà che, appena reduce dalla destituzione del suo presidente della repubblica per un affaretto privato, la Kanzlerin non l'abbia ripetuto a Monti. Non gli abbia chiesto, per esempio, perché la ministra Severino vorrebbe ma non può rivedere i tempi troppo brevi (così li giudica l'Europa) della prescrizione dei reati; e introdurre nuovi reati per combattere la corruzione, come il traffico delle influenze (indulgenze, avrebbe detto Lutero) o la corruzione tra privati, mentre la Corte dei Conti segnala l'impennata della corruzione nella società: grazie all'effetto imitativo che il malesempio dei governanti produce nei governati. Chissà se avrà chiesto, la Kanzlerin, fino a quando cercheremo di prendere per i fondelli 500 milioni di europei fingendo che il disegno di legge Alfano sulla giustizia e la proposta Frattini sul conflitto d'interessi siano cose serie, anziché salti della quaglia perché tutto resti com'è; se davvero intendiamo regalare nuove frequenze televisive anziché farle pagare; se sanità e università resteranno quei fortilizi del privilegio medico e accademico che arricchisno i pochi e costringono i molti a ricoveri da terzo mondo (in un paese che ha una sanità avanzatissima); e il 40 per cento degli studenti ad abbandonare gli atenei prima della laurea; se combatteremo non solo l'irresponsabilità civile dei giudici che sbagliano ma anche le infiltrazioni mafiose tra i magistrati; se davvero la Chiesa pagherà l'Imu o soltanto un simulacro; se stabiliremo qualche imncompatibilità tra mandato parlamentare e professione; se daremo uno stato giuridico a partiti e sindacati a garanzia della legalità democratica; se faremo, insieme alla riforma del lavoro e del welfare, una riforma della Costituzione per la governabilità, senza costruzioni neobizantine con terze camere mimetizzate dietro il taglio dei parlamentarti. Eccetera.

C'entra col  risanamento tutto questo e il resto che lasciamo nella tastiera? Direi che ne siano il fondamento, al di là dei provvedimenti finanziari e dei nuovi buchi alla cinghia degli italiani onesti. Come sempre, la politica è il fondamento dell'economia e la giustizia ne è la funzione etica primaria. Cose che si insegnano anche alla Bocconi, che si praticano anche in Germania, che gli antichi filosofi greci e giuristi romani sapevano meglio dei loro tardi successori alla guida delle rispettive polis. Spero che Monti abbia garantito alla cancelliera d'essere pronto a denunciare agli italiani eagli europei chi gli avrà messo il bastone fra le ruote del buongoverno. 


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