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Sudan, l'arresto di Clooney accende i riflettori sui nuovi massacri
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di Antonella Napoli

Sudan, l'arresto di Clooney accende i riflettori sui nuovi massacri

 Che a George Clooney piaccia essere star dei diritti umani quanto di Hollywood non lo scopriamo oggi. Ma le critiche che gli sono piovute addosso sono ingenerose quanto affrettate. Posso testimoniare che durante lo svolgimento del referendum per l’indipendenza del Sud Sudan, evento per il quale si temeva potessero esserci tensioni e scontri, piuttosto che sul set del suo ultimo film o su qualche ‘red carpet’ a braccetto con la bellona di turno era a Juba, pronto a denunciare violenze e tentativi di truccare il voto. ​

Certo la sera non si risparmiava clamorose bevute con i giornalisti e i cooperanti che lo accompagnavano e non c’era passo che muovesse senza le telecamere o i flash delle decine di fotoreporter che lo seguivano tutto il tempo. Ma era parte del gioco.

E seppure fossero solo trovate pubblicitarie che portano visibilità alla causa del Darfur epermettono di dirottare anche solo pochi minuti la luce di quei riflettori sui diritti umani violati e su una crisi dimenticata, ben vengano.
Ieri questo brillante e pluripremiato attore americano è stato fermato dalla polizia di Washington insieme al padre, il giornalista 78enne Nick Clooney, e ad alcuni parlamentari Usa, davanti l'ambasciata del Sudan dove era stata inscenata una protesta contro i nuovi massacri compiuti nel paese, oltre quelli più noti del Darfur.
Un arresto durato poco ma di enorme effetto mediatico visto che Clooney, mercoledì scorso,aveva parlato di fronte al Congresso di una "campagna di morte" in corso nel Paese africano. 
Finendo in manette (anche se a tenere legati i suoi polsi erano semplici laccetti di plastica…)voleva attirare l'attenzione sul pericolo di un nuovo ‘genocidio’, come ha dichiarato lui stesso tornato libero poche ore dopo il fermo aggiungendo che “al momento uno dei pochi modi per farlo è farsi arrestare". E ha ragione.
In passato, grazie alle sue campagne, il bel George ha ottenuto che Barack Obamapromuovesse iniziative per fare pressioni sul governo sudanese affinché ponesse fine ai raid aerei in Darfur. Oggi incassa la promessa che a fine marzo, quando incontrerà il presidente cinese Hu Jintao, sostenitore del dittatore Omar Hassan al Bashir, a nome degli Stati Uniti gli chiederà di allentare questa indegna ‘protezione’.
Clooney è tornato da poco dal Sud Kordofan, dove sono in corso da mesi violenti combattimenti tra le truppe di Khartoum e le forze di Juba. L’attore ha raccontato di aver assistito alle fughe quotidiane a cui è costretta la popolazione civile per sottrarsi alla furia delle bombe sganciate durante i raid aerei compiuti contro i ribelli che si contrappongono all’esercito del Sudan. Almeno 500 mila persone sono scampate finora ai bombardamenti ma rischiano di morire di fame e di stenti. ​
E’ per questo che il premio Oscar per Syriana, insieme agli attivisti per i diritti umani che hanno promosso la mobilitazione mondiale di cui si è reso testimonial, ha chiesto la sospensione degli attacchi che uccidono uomini, donne e bambini e che gli aiuti umanitari arrivino al più presto, prima che la situazione precipiti.​
Grazie alla sua faccia da schiaffi, non è detto che non si riesca a smuovere davvero qualcosa, a Washington come a Pechino. E se poi ci fosse per lui un indiretto ritorno vantaggioso, che si tratti di immagine o di un futuro seggio al Congresso, beh, come scriveva Charles C. Colton“l'applauso è lo sprone degli spiriti nobili, il fine e la mira dei deboli”.

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