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Editoria: l'ultima chance
di Vincenzo Vita
Allarme rosso per le testate –nazionali e locali- non profit, cooperative, di partiti e movimenti politici, di minoranze linguistiche, di comunità italiane all’estero. L’ultima legge finanziaria abolì, con il maxiemendamento del governo arrivato all’ultimo con la protezione del voto di fiducia, il diritto soggettivo dei giornali ad accedere ai contributi pubblici previsti dalla legge. Dal 2010: dunque subito, visto che le risorse vengono erogate l’anno successivo. Ora c’è una possibilità (forse l’ultima?) di rimettere nella nostra normativa quel diritto. Almeno per due anni, una ‘tregua’ necessaria a varare la tanto necessaria riforma del settore. E’ la richiesta di un emendamento ‘bipartisan’ presentato nella discussione del decreto ‘milleproroghe’: adesso al voto presso la commissione affari costituzionali del Senato. Senza l’approvazione di quell’emendamento, ogni ipotesi di riordino è una presa in giro, a cominciare dal Regolamento portato dal sottosegretario Bonaiuti - competente per materia- nelle sedi parlamentari. Ed appare ancor più squallido il conflitto di interessi pan- televisivo di cui sono vittime proprio l’editoria e la rete. Tra l'altro, la stessa commissione bilancio, generalmente rigidissima, ha dato parere favorevole, pur chiedendo la riduzione da due a un anno del periodo di transizione. Così, a maggior ragione, se la ‘tregua’ troverà, al contrario, il consenso nella commissione, sarà più facile il completamento positivo dell’intero iter nelle due Camere. E diverrà credibile discutere con la cura dovuta la revisione degli stessi meccanismi che presiedono al finanziamento pubblico, da rendere insieme più aperti alle novità e di maggior rigore nei criteri. Sono almeno cento le testate interessate, quelle meno tutelate dal finto mercato dei media italiani. Sindacati, Federazione della stampa, associazioni si sono espressi nettamente. E, quindi, speriamo bene, benché il recente decreto sulla televisione o l’ennesimo colpo alle edicole non siano sintomi incoraggianti. Ma battiamoci fino in fondo: la difesa della libertà di informazione non ammette tregue.
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