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Dopo il 3 ottobre sui tetti e ovunque
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di Giuseppe Giulietti*

Dopo il 3 ottobre sui tetti e ovunque

«Contro i tagli all'editoria potremmo salire anche sui tetti..», più o meno così recitava la prima pagina di ieri del manifesto. Provocazione? Eccesso di allarme? Neanche per idea. Il 10 febbraio potrebbe essere ricordato come una delle date nere, anzi nerissime per la libertà di informazione. Nel giro di poche ore il governo del conflitto di interessi ha prima approvato una legge-bavaglio contro le trasmissioni tv che non piacciono al capo supremo. Poi ha tirato una coltellata alle spalle di centinaia di testate giornalistiche affossando l'emendamento che avrebbe ripristinato il diritto soggettivo ai contributi e consegnando ai governi, presenti e futuri, il diritto a decapitare gli eventuali oppositori di turno.
Quanto è accaduto non può trovare giustificazione alcuna, anche perché sono stati traditi tutti gli impegni assunti e contenuti persino in mille documenti unitari votati dalle camere.
Nelle prossime ore ci verranno a raccontare che forse alla camera dei deputati si farà qualcosa, che ci sarà qualche bella novità. Sarà bene non cadere in questa trappola che ha il solo obiettivo di smorzare la protesta, di mettere la mordacchia alle proteste annunciate, di portare a compimento il misfatto senza pagare dazio. Lo scandalo è ancora più grave perché due settimane fa il governo utilizzando un parere e saltando il confronto in aula ha realizzato una riforma del settore tv trasferendo altri milioni di euro nelle tasche dei soliti noti e in quelle delle aziende berlusconiane.
Con quale faccia Tremonti invoca il rigore e le forbici contro decine e decine di giornali? Per quale ragione Bonaiuti non ha ancora portato in discussione uno straccio di riforma dell'editoria capace di colpire sprechi, corruzione, falsi giornali e cooperative di comodo? Chi lo ha impedito? Eppure mai come in questa occasione i sindacati, la Federazione della stampa, Mediacoop avevano dato una piena e leale disponibilità a lavorare a un testo condiviso, fuori da qualsiasi logica biecamente corporativa o protezionistica. Alla lunga sequela di leggi ad aziendam si vanno ora ad aggiungere le norme contra aziendas, così, tanto per non perdere l'abitudine e per ingrassare il percettore degli utili derivanti dal conflitto di interesse.
Di fronte a tanto cinismo e a queste furbate da giocatori delle tre carte, la proposta provocatoria di salire sui tetti delle redazioni ci appare intelligente, giustamente spettacolare, finalizzata ad amplificare una tragedia che rischia di consumarsi nelle mura domestiche e nella costernazione di qualche centinaio di addetti ai lavori. Decine di assemblee sui tetti delle città italiane, le redazioni in terrazza, le lettrici e i lettori con loro, potrebbe essere una idea originale e forte per dare un seguito a quella straordinaria giornata per la libertà di informazione del 3 ottobre scorso in piazza del Popolo a Roma.
Roberto Natale, presidente della Fnsi, ha proposto una grande giornata di lotta magari davanti ai cancelli di viale Mazzini per protestare contro il bavaglio. In quella occasione sarà bene alzare la voce dalla piazza e dai tetti contro un bavaglio che rischia di colpire non solo giornali e giornalisti,ma anche cittadine e cittadini ai quali stanno sottraendo parola dopo parola l'intero articolo 21 della Costituzione.
Se e quando il manifesto, i sindacati, le redazioni di qualsiasi colore e parte politica decideranno di salire sui tetti o qualsiasi altra iniziativa, Articolo21 ci sarà e chiederà a tutti i propri associati siano essi giornalisti, editori, direttori, artisti, autori, musicisti, di mettersi in rete, di usare anche le loro trasmissioni, i loro spettacoli, le loro lezioni universitarie per esprimere il comune no ad ogni forma di bavaglio che, prima o poi, se non sarà fermato, proveranno a stringere sulla bocca, sulle orecchie e sugli occhi di milioni di italiane e di italiani.

* IL MANIFESTO del 12 Febbraio 2010


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