di Antonella Napoli*
Sette anni di guerra, oltre 300mila morti, quasi 3 milioni di sfollati… sono solo alcuni dei ‘numeri’ che tracciano la drammaticità di una crisi umanitaria che si è incancrenita e non riesce a trovare soluzione, anche se il recente accordo sul cessate il fuoco firmato a Doha tra governo sudanese e Jem, uno dei movimenti ribelli che si contrappongono a Khartoum, riaccende le speranze. Ma in Darfur si continua a morire di fame e di malattia. E la situazione non può che peggiorare, soprattutto a fronte della nuova emergenza che sta vivendo il Sud Sudan.
Le tensioni interetniche, sfociate in violenti scontri che hanno causato circa 2mila morti negli ultimi sei mesi, spostano inevitabilmente l’attenzione della comunità internazionale, già piuttosto blanda, su quest’area del Sudan che si appresta ad affrontare le prime elezioni libere da ventiquattro anni e il referendum per l’indipendenza dal Nord previsto nel 2011.
Quest’anno l’anniversario dell’inizio del conflitto in Darfur cade nella settimana in cui il Parlamento approva in via definitiva il decreto di rifinanziamento delle missioni italiane all’estero.
Per il Darfur, dopo anni di pressione mediatica e istituzionale, siamo felici di constatare che sia previsto un intervento significativo a supporto della missione «ibrida» delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana dispiegata nella regione sudanese. Il contingente sarà praticamente centuplicato. La relazione tecnica allegata al provvedimento, già approvato alla Camera, dispone infatti l’invio di 100 unità, a fronte delle 3 previste nel precedente testo.
Il nostro costante impegno, rafforzato dal supporto di Articolo 21, e la nostra campagna per il Sudan sono stati dunque ampiamente ripagati.
Resta l’amaro in bocca per i dati che emergono dall’analisi dell’ultimo anno della crisi. Il nostro rapporto pone l’accento sui grandi limiti dell’operazione umanitaria in corso nella regione, a cominciare proprio dalla forza di peacekeeping che dal primo gennaio 2008 ha preso ufficialmente il via tra mille difficoltà e ostruzionismo.
Le limitazioni logistiche iniziali, che ne hanno rallentato il dispiegamento, non sono ancora state superate: dei 26mila uomini previsti sono presenti sul campo poco più della metà e mancano ancora tredici elicotteri dei diciotto necessari per garantire l’efficacia dell’azione di monitoraggio e protezione.
I paesi occidentali, esonerati dall’invio di truppe su espressa richiesta del governo del Sudan, lesinano sulla fornitura di questi mezzi. Ed è per questo che l’invio del contingente italiano e dei velivoli messi a disposizione dal ministero della Difesa rappresentano un importante passo avanti. Finalmente un intervento vero e non solo simbolico.
*Presidente di Italians for Darfur