di Domenico D'Amati
Tutti gli italiani, indipendentemente dalle idee politiche, devono essere grati al TAR del Lazio perché, con la decisione sul ricorso del PDL in materia elettorale, ha rafforzato nei cittadini che amano la libertà la speranza che l’Italia non sia ineluttabilmente destinata a divenire un Paese a democrazia limitata, una repubblica bananiera dove i giudici si devono prontamente adeguare ai voleri del caudillo. Il TAR dovrà darci ragione, aveva proclamato il ministro La Russa, sventolando il decreto salvaliste. La sua arroganza e la prepotenza del suo leader hanno avuto la risposta che normalmente ci si può aspettare in uno Stato di diritto. Attendiamo ora con fiducia anche il responso del Consiglio di Stato. Sappiamo che esso sarà motivato con riferimento alla legge e ai principi della nostra Costituzione, che vuole l’indipendenza dei giudici, non ai diktat del governo o alla convenienza del partito maggioritario.
Comunque vadano le cose dovrà però verificarsi ciò che, secondo Marzio Breda quirinalista del Corriere della Sera, si è verificato la sera del 4 marzo al Quirinale in occasione dell’incontro fra Berlusconi e Napolitano. Secondo le informazioni raccolte dal giornalista, Berlusconi si sarebbe espresso con brutalità nei confronti del capo dello Stato, cercando di imporgli, con tono perentorio ultimativo, la firma del decreto voluto dal PDL, avrebbe proferito minacce e parole fuori controllo fin quasi alle escandescenze.
Queste notizie devono essere verificate, perché i comportamenti riferiti possono configurare veri e propri reati. A nessuno è consentito minacciare il capo dello Stato e tentare di imporgli alcunché.
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