di Giuseppe Giulietti*
“Speriamo che l’opposizione non perda il treno delle riforme…, basterà sdraiarsi sui binari aspettare..”: più o meno così, con la consueta spietatezza e crudele ironia, Elle Kappa racconta e descrive lo stato della opposizione in attesa che Berlusconi e i suoi alleati decidano come sbaraccare la Costituzione. Non vi è dubbio che il pendolo sia ancora in movimento e che all’interno stesso della maggioranza non mancheranno liti, urla, scontri tra Berlusconi e Fini, ma non si può neppure fingere di non vedere che il treno si è messo in movimento e che, mai come questa volta, l’asse Berlusconi – Bossi dovrà tentare di portare a casa il risultato, costi quel che costi, alternando una finta disponibilità al dialogo alla necessità di mettere in piedi una sorta di presidenzialismo autoritario condito in salsa leghista.
Del resto basta dare una occhiata alla bozza Calderoli, riportata dal Corriere della Sera, per rendersi conto del tipo di pietanza che sta per essere servita in tavola.
Il Presidente della Repubblica vedrà crescere i suoi poteri, contestualmente sarà modificata la corte costituzionale, verrà aumentato il controllo politico sulla corte medesima, sarà introdotto un quorum ancora più alto per bocciare una eventuale norma illegittima.
Allo stesso tempo si ipotizza una modifica della composizione del Consiglio Superiore della Magistratura, la separazione delle carriere, la sostanziale subordinazione della giustizia al comando dell’esecutivo.
Naturalmente il tutto accompagnato dalla sacrosanta riduzione del numero dei parlamentari, dalla separazione delle funzioni tra Camera e Senato, dalla promessa di trasferire risorse verso le regioni e di premiare quelle dove la Lega ha preso la maggior parte dei voti.
Come se non bastasse il tentativo di passare ad una repubblica di tipo presidenziale è già stata preceduta o sarà preceduta dalla approvazione del lodo Alfano, dal legittimo impedimento, dalla legge bavaglio sulle intercettazioni che ridurrà sostanzialmente l’autonomia della azione giudiziaria e condizionerà ulteriormente il già precario esercizio del diritto di cronaca.
Il contesto, dunque, è persino peggiore del testo.
Non ci sarebbe nulla di tragico, infatti, nell’affrontare una discussione sulle forme del presidenzialismo se tale discussione fosse preceduta e accompagnata da un rafforzamento contestuale del sistema dei pesi e dei contrappesi,in Italia al contrario la discussione è stata preceduta e sarà preceduta da uno smantellamento del sistema delle autonomie e dei controlli.
Per non citare il conflitto di interessi che costituisce una metastasi dell’ordinamento e che da solo giustificherebbe la impossibilità-inopportunità di affrontarla qui e ora, qualsiasi proposta è tesa a rafforzare il potere di uno rispetto all’interesse generale.
Non a caso i più rigorosi e pacati costituzionalisti liberali, dal professor Pace a Valerio Onida, contestano radicalmente questo progetto e avvertono che, lungo questa strada, si uscirà dalla Costituzione, si colpirà a morte anche la prima parte della medesima, sarà alterato quel principio di uguaglianza e di pari opportunità che rappresenta l’architrave dell’attuale ordinamento democratico.
Allora che fare? Sarà una banalità, ma bisogna fare la opposizione, rifiutare lo stravolgimento delle regole fondamentali, ricercare tutte le alleanze possibili, svelare gli svantaggi per milioni di cittadine e di cittadini, portare la discussione fuori dalle segrete stanze, predisporsi per tempo a quel referendum confermativo, che non a caso Bossi teme più di ogni altra cosa, ricordando ancora la disfatta che gli toccò in occasione del precedente tentativo.
Ci sono alternative? Certo si può sempre far finta che Berlusconi sia interessato al dialogo, che voglia risolvere il conflitto di interessi, che non voglia andare subito al Quirinale, voglia rispettare l’equilibrio dei poteri, che voglia cambiare la legge elettorale, che voglia restituire autonomia al Parlamento, che sia preoccupato del bene comune e che abbia schifo per ogni conflitto di interessi…
Si può credere a tutto questo e tante altre cose ancora, ad una sola condizione però: di non fingere meraviglia quando, alle prossime consultazioni elettorali, cresceranno le astensioni e il voto di protesta, non sempre e non per sempre si potrà fingere che la colpa sia tutta di Beppe Grillo.
* pubblicato su Blitz Quotidiano