di Gian Mario Gillio*
«Occorre che l’insieme del mondo dell’editoria sia unito nella difesa della cultura italiana», così ha dichiarato il neo presidente del Coordinamento delle riviste italiane di cultura (Cric) Valdo Spini, eletto a Firenze il 9 aprile, facendo riferimento alle ultime manovre governative che, nei fatti, colpiscono duramente l’editoria italiana.
Dal primo aprile tutte le tariffe agevolate a favore dell’editoria sono state abrogate, con particolare riferimento alla spedizione degli abbonamenti. Il decreto interministeriale del 31 marzo ha soppresso una norma fondamentale per la sopravvivenza di giornali, riviste e case editrici. Un nuovo colpo per un settore che attraversa una difficile congiuntura a tutti ben nota, governo compreso. Si tratta, dunque, di un provvedimento pericoloso e inaccettabile, sbagliato sia nel metodo che nel merito. La decisione apre una ulteriore spaventosa voragine nel settore dell’editoria provocando l’aumento di oltre il doppio dell’attuale tariffa di spedizione postale e mette a serio rischio la sopravvivenza di giornali, riviste e case editrici.
La differenza, infatti, tra la tariffa agevolata (13 centesimi, per ogni singola copia spedita in abbonamento da un giornale) e la tariffa normale (28,30 centesimi a copia riconosciuta a Poste italiane) non lascia dubbi in merito. Da subito, dunque, gli editori dovranno pagare 15,3 centesimi di differenza, calcolati su ogni spedizione, se vorranno continuare a far arrivare il proprio giornale ai lettori abbonati. Questa decisione, inoltre, è arrivata senza che gli editori fossero informati e senza aver avuto il tempo di poter capire come organizzarsi diversamente, cosa pressoché impossibile se non a scapito di un aggravio di costi.
Un danno anche per chi lavora nel mondo dell’editoria libraria. Le ricadute saranno pesanti non solo in termini economici per la vita delle case editrici, ma anche per la cultura e l’informazione del paese: il canale postale è infatti uno strumento fondamentale di diffusione di libri, soprattutto in quelle zone d’Italia non servite da librerie. Con l'appello, indirizzato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al presidente del Senato Renato Schifani e al presidente della Camera Gianfranco Fini, la rivista “Confronti”, Articolo 21, il settimanale “Riforma” e il Coordinamento riviste italiane di cultura (Cric), intendono ricordare come la decisione del governo metta a serio rischio la sopravvivenza di giornali, riviste e case editrici provocando la cancellazione di centinaia di testate e alcune migliaia di posti di lavoro. Il neo Presidente del Coordinamento delle riviste culturali (Cric) l’On. Prof. Valdo Spini, direttore dei Quaderni del Circolo Rosselli, eletto a Firenze il 9 aprile, ha immediatamente dichiarato: «Ho assunto volentieri questo incarico, del quale non mi nascondo le difficoltà e il peso, perché – affiancato dalle due Vicepresidenti Daniela Brancati e Biancamaria Bruno – intendo riportare all’attenzione dell’opinione pubblica il tema delle riviste culturali italiane, che rappresentano un elemento importante della nostra cultura anche all’estero. Soprattutto esprimono un mondo ampio e articolato di personalità e di ambienti che si muovono, il più delle volte disinteressatamente, per creare cultura e scambiare cultura, come testimonia la loro presenza in prestigiose biblioteche di università di tutto il mondo. In un momento di crisi economica – ha aggiunto Spini – è fondamentale avere nuove idee e progetti per il rafforzamento delle riviste stesse. Il periodo che stiamo attraversando è preoccupante, soprattutto per le riviste di cultura: da un lato la sostanziale riduzione del fondo per i contributi all’editoria, dall’altro l’eliminazione delle tariffe agevolate per le spedizioni postali. Il mondo delle riviste di cultura, e non solo, è quindi soggetto a rischi gravi e pesanti. Rivolgiamo un appello in varie direzioni: alle autorità di governo nazionali, perché venga ripristinato un sostegno che oggi viene a mancare; alle autorità regionali, perché nell’ambito delle loro competenze, stimolino la promozione dei periodici culturali; alla distribuzione, perché nelle librerie venga lasciato spazio e attenzione alle riviste stesse. Promuoveremo subito le iniziative di sensibilizzazione necessarie. Occorre che l’insieme del mondo dell’editoria sia unito nella difesa della cultura italiana».
Come promotori dell’appello, dunque, riteniamo il provvedimento governativo inaccettabile nel metodo, non è possibile cambiare dall’oggi al domani le regole in corso, e per di più senza alcun preavviso e confronto, senza tener conto dei rapporti contrattuali esistenti – che coinvolgono editori, operatori ed abbonati – e sui quali si agisce retroattivamente, e nel merito, perché si doveva dare attuazione alle norme vigenti che stabiliscono la compensazione per Poste Spa fino alla tariffa praticata ai loro migliori clienti. Ciò avrebbe consentito di ottenere i risparmi necessari per ridurre il fabbisogno e di evitare un altro durissimo colpo all’editoria.
Occorre mettere riparo rapidamente a tale improvvida decisione, perché gli aggravi economici che produce ricadono immediatamente sugli editori, gran parte dei quali, piccoli e medi, non sono in grado di sostenerli, né esistono le condizioni di mercato per trattare direttamente con Poste il costo delle spedizioni, con il rischio reale di dover cessare le pubblicazioni. Per questo motivo chiediamo l’intervento urgente delle tre più importanti cariche istituzionali. «Salvare il pluralismo dell’informazione evitando allarmismi», così esortava il presidente Napolitano al Quirinale nell’ottobre 2008. Oggi siamo passati dagli allarmi ai fatti.
*direttore di “Confronti”