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Per Alfano la galera si addice ai giornalisti
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di Domenico d'Amati

Per Alfano la galera si addice ai giornalisti

Mentre la Corte Europea dei diritti dell’uomo si ostina a definire i giornalisti “cani da guardia della democrazia” riconoscendo loro ampi spazi di vigilanza e di critica nei confronti delle istituzioni, anche con la diffusione di informazioni che “offendono, sconvolgono ed inquietano” e la nostra Corte di Cassazione, in alcune recenti sentenze, mostra di recepire queste indicazioni, affermando la prevalenza del diritto di manifestazione del pensiero su altri pur rilevanti valori, il Governo e la maggioranza parlamentare, dimentichi dei trattati sottoscritti dall’Italia sono impegnati nell’apprestare mordacchie e bastoni al fine di impedire ai giornalisti di fare il loro dovere.
Un preciso segnale in questo senso è dato dalla sorte subita dalla proposta di legge Pecorella-Costa in materia di diffamazione ripresentata alla Camera nel maggio del 2008. Pur emendabile in alcune sue previsioni, questa proposta era un segnale di riconoscimento, da parte della classe politica, della indispensabile funzione svolta dall’informazione giornalistica, in quanto prevedeva, tra l’altro, l’eliminazione della pena detentiva e della riparazione pecuniaria per il reato di diffamazione e modificava la disciplina della rettifica, stabilendo anche la non punibilità per il giornalista che l’avesse tempestivamente pubblicata.
Questa proposta, come è stato confermato dall’on. Pecorella in una tavola rotonda del Festival di Perugia, non è stata calendarizzata. Ma v’è di più. Abbiamo potuto rilevare, consultando gli atti parlamentari, che una parte di essa, quella concernente le modalità e l’ambito di operatività della rettifica, è stata inserita pari pari nel disegno di legge Alfano sulle intercettazioni, con eccezione della norma sulla non punibilità del giornalista. Ciò è avvenuto, come si è potuto constatare a Perugia, all’insaputa dei due deputati.
Naturalmente la parte della loro proposta che prevedeva l’eliminazione delle sanzioni detentive e della riparazione pecuniaria per il reato di diffamazione è stata ignorata dal Guardasigilli.
Evidentemente egli ha ritenuto inopportuno, nel momento in cui propone nuove, pesanti sanzioni per giornalisti ed editori in materia di cronaca giudiziaria, alleggerire la pena per la diffamazione.
Ma chi intraprende battaglie antistoriche è destinato alla sconfitta.
I trattati europei, in particolare la Carta di Nizza entrata in vigore nello scorso dicembre, non si limitano ad affermare, come la nostra Costituzione, la libertà di informazione, ma vietano espressamente le interferenze governative.
Se i nuovi congegni repressivi saranno approvati dal nostro Parlamento, avranno la stessa sorte, davanti alla Corte Costituzionale e in sede europea, di altre iniziative a firma Alfano.


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