di Ricardo Franco Levi
Un’iniziativa grave sotto l’aspetto istituzionale, inquietante e temeraria sotto l’aspetto politico, bugiarda nella ricostruzione dei fatti: questa è la natura della proposta di legge “per la istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulla vendita del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera e sulle vicende a questa relative accadute negli anni 1981-1984”, proposta che ha come primo firmatario l’on. Bergamini (PdL) e che è stata sottoposta oggi all’esame della Commissione Cultura della Camera dal relatore, on. Lainati (PdL).
Come ho detto replicando al relatore, e come si potrà leggere nel resoconto dell’odierna seduta della Commissione, si tratta di un’iniziativa grave dal punto di vista istituzionale, perché, se l’istituzione della Commissione fosse approvata, il Parlamento si troverebbe nella condizione di interferire nelle attività della magistratura. I fatti di cui si tratta e le valutazioni che se ne traggono sono, infatti, gli stessi che stanno alla base di una causa avviata da Angelo Rizzoli per ottenere riparazione dalla “spoliazione” di cui lui sarebbe stato allora oggetto e la cui prima udienza è già fissata, di fronte al Tribunale di Milano, per il prossimo 15 giugno.
Si tratta, poi, di un’iniziativa inquietante sotto l’aspetto politico, perché essa, esplicitamente diretta a riscrivere, con un giudizio di parte, una vicenda – così si legge nella relazione che accompagna il progetto di legge – “che determinò allora nuovi assetti ed equilibri di potere che ancora oggi influenzano la vita politica, culturale e finanziaria del nostro Paese”, si configura come una trasparente intimidazione nei confronti del maggiore quotidiano italiano e della sua proprietà. E tutto questo, in un momento nel quale, a partire dal provvedimento sulle intercettazioni, l’intero sistema dell’informazione è sottoposto ad un attacco aperto dal governo e dalla maggioranza, intenzionati a limitarne la libertà.
Sempre sotto il profilo politico, oltre che inquietante, si tratta di un’iniziativa temeraria. Hanno davvero interesse, questa maggioranza, questo governo, a riportare all’attenzione della pubblica opinione la livida stagione vissuta dall’Italia nel segno della loggia P2? Hanno davvero interesse a che si riapra e si rilegga l’elenco dei suoi iscritti?
Nella ricostruzione dei fatti, infine, l’iniziativa firmata dal Partito della Libertà (quale libertà? La libertà dell’informazione?) è falsa e bugiarda. Non è vero che Angelo Rizzoli fu “spoliato” della proprietà di un’azienda sana e ricca: per la cattiva gestione e per le distrazioni sue e di Bruno Tassan Din (l’amministratore delegato nominato su pressione di Licio Gelli e del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi), il gruppo Rizzoli-Corriere della Sera era nei fatti fallito. E’ vero, invece, che sotto il puntuale controllo della magistratura e nell’ambito di una vicenda, il crack del Banco Ambrosiano, che pose a rischio la solidità dell’intero sistema creditizio italiano, il maggior gruppo editoriale italiano, e con esso il maggior quotidiano del paese, fu salvato come impresa e sottratto come produttore di informazione e di cultura all’influenza di un gruppo di potere eversivo, criminale ed affaristico.
Ai componenti della Commissione Cultura della Camera ho chiesto di respingere la richiesta di istituire questa commissione di indagine. Se la maggioranza di centrodestra e chi la ispira continuassero su questa strada scriverebbero una nuova ed inquietante pagina nella storia dei rapporti tra politica e informazione.