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Genova 2001, il colpo di scena che manca
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di Checchino Antonini*

Genova 2001, il colpo di scena che manca

Esistono chilometri di video eloquentissimi, ore e ore di voci registrate. E foto e articoli di giornale. Montagne di faldoni di procura e sentenze pressoché definitive. I fatti di Genova hanno anche contaminato l’immaginario collettivo, ispirando i migliori noiristi nostrani (da Carlotto a Dazieri a Tassinari), gruppi rock, registi, teatranti e fumettisti. Sono riusciti perfino a mettere in crisi il più famoso dei commissari di polizia di carta, il Montalbano di Camilleri che non si riconobbe nei colleghi in carne e ossa al punto da minacciare le dimissioni (si rilegga “Il giro di boa”, Sellerio 2003). Però quella mole di documenti e di sentenze non ha incrinato la granitica certezza della politica nelle virtù di Gianni De Gennaro, capo della polizia all’epoca del G8 genovese poi assurto alla carica di “Negroponte” italiano: capo di tutti i servizi segreti. Né ha incrinato quella che negli States viene chiamata la immaginaria “linea blu”, al di là del quale si ritirano le forze dell’ordine per impedire che si indaghi su di esse.
Dopo la notizia della condanna d’appello per De Gennaro a un anno e quattro mesi, per aver indotto a mentire il questore di Genova del tempo, le agenzie trasudavano di messaggi di stima per il superpoliziotto e di «incomprensione» per la sentenza. In particolare hanno preso parola sia il deputato di An che si trovava con Fini nel comando dei carabinieri di Genova mentre erano in corso le cariche illegittime nelle quali fu ucciso Carlo Giuliani sia quello che era il ministro degli interni dell’Ulivo quando, a Napoli, furono svolte le prove generali per Genova. Anche per quanto riguarda l’esercizio della violenza contro cronisti e mediattivisti travolti lì come a Genova quattro mesi dopo. Anche per quei fatti ci sarebbero state condanne per i poliziotti accolte con lo stesso stupore indignato dal mondo politico e dalle alte sfere delle forze dell’ordine. 
Tutta questa stima bipartisan, pressoché unanime, non è stata però sufficiente a De Gennaro che ha consegnato al consiglio dei ministri le proprie dimissioni 24 ore dopo la sentenza dopo aver avuto garanzie che sarebbero state respinte. Il copione è stato rivelato da un importante quotidiano ed è stato recitato con puntualità.
Il vero colpo di scena sarebbero state le scuse del governo, dopo la successione incalzante di sentenze, a chi fu brutalizzato e poi criminalizzato. E ai giornalisti che furono massacrati solo perché tentavano di fare il proprio mestiere sui teatri della guerra interna, ai quali furono trafugati appunti, computer e rullini. Solo perché non s’erano fidati delle verità ufficiali ed erano già stati umiliati alla conferenza stampa in cui vennero esibite – senza ammettere domande - le prove della Diaz: le molotov “fasulle”, gli attrezzi prelevati da un cantiere, i coltellini svizzeri trafugati dagli zaini delle persone ferite.
Bisogna avere cura della memoria collettiva perché, quando quel colpo di scena ci sarà, ci sia qualcuno in grado di raccontarlo.

* Liberazione, autore di “Scuola Diaz vergogna


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