di Elisabetta Viozzi
Entrano i primi camion nella striscia di Gaza, con il loro carico di prodotti fino a pochi giorni fa proibiti. Israele allenta le maglie del blocco e beni come la carta igienica o le merendine varcano i check point. Dopo tre anni di assedio, cambierà davvero qualcosa per la popolazione palestinese?
La striscia di Gaza ha una popolazione di 1 milione e mezzo di abitanti e sono loro che hanno pagato il prezzo più alto dei 3 anni di blocco: per la maggior parte giovani, hanno subito le forti limitazioni che erano imposte all’ingresso di cibo, forniture mediche, strumenti educativi, materiale da costruzione. Il vero bersaglio di Tel Aviv, la formazione politica radicale Hamas, che è alla guida dei territori palestinesi , ne è uscito invece rafforzato. Se infatti l’operazione militare Piombo Fuso, che ha provocato oltre 1400 vittime civili palestinesi un anno e mezzo fa, non è riuscita a scalzare il partito islamico, 3 anni di dure privazioni hanno aumentato il consenso della popolazione all’estremismo dei suoi leader. Il lancio indiscriminato di missili su Israele dalla striscia e il sequestro di militari israeliani, erano le motivazioni addotte da Tel Aviv per mantenere il blocco. Ma, dopo il tentativo delle Freedom Flottilla di violare l’embargo, il duro attacco israeliano e le conseguenti critiche internazionali, Israele è stato costretto a fare un passo indietro. Ma per Eric Salerno, corrispondente del Messaggero da Gerusalemme, bisogna aspettare, per capire la reale portata di questa svolta israeliana.
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