di Nello Trocchia
Il ritorno volontario assistito è un progetto che si concilia con una politica sull'immigrazione finalizzata all'integrazione e al rispetto dei diritti umani. Insomma, realizzarlo in Italia non è così semplice, visto l'inquilino del Viminale e la sua strategia anti-irregolari. La scelta del migrante o della migrante di ritornare nel proprio Paese d’origine come possibile opzione del processo migratorio è la premessa dello strumento del “Ritorno Volontario Assistito”. NIRVA - Networking italiano per i Ritorni Volontari Assistiti, cofinanziato da Ministero dell'Interno e Fondo europero per il rimaptri- partecipato da Aiccre, Oim e Cir, ha presentato i risultati.
Nel primo anno del progetto sono stati 228 i ritorni. " L'importante - ricorda Christopher Hein, Direttore del CIR, consiglio italiano per i rifugiati - non è il numero, di certo esiguo, ma di preparare il terreno, attraverso reti territoriali di formazione e informazione sulle modalità per accedere a questo percorso". La nota dolente è che nel nostro paese a questo programma di ritorno in patria non possono partecipare gli irregolari, a causa dell'introduzione del reato di immigrazione clandestina. In realtà esiste una direttiva europea che lo prevede, direttiva che il parlamento italiano non ha ancora recepito. " La direttiva dice chiaramente - continua Hein - che anche all'irregolare si deve dare la possibilità di scegliere l'opzione del ritorno volontario assistito. Ma il parlamento italiano non ha ancora deciso di recepirla". Il ritorno volontario assistito costa (5800 euro in media) un quinto del rimpatrio coatto, spesso inutile e assolutamente inefficace, utile solo per la propaganda, tanto cara al ministro pro-ronde.
Ascolta l'intervista a Peter Schatzer, Capo Missione in Italia e a Malta dell’OIM
Ascolta l'intervista a Christopher Hein