di Ambra Murè
La Fiat torna indietro sul piano industriale “fabbriche Italia” presentato appena l’aprile scorso. Se per un verso infatti conferma l’impegno per Pomigliano d’Arco, dall’altro annuncia a sorpresa che la produzione della nuova monovolume L-O, inizialmente affidata a Mirafiori, sarà spostata in Serbia, insieme ai 350 milioni di investimento. Un doccia fredda per i lavoratori e i sindacati, la cui scarsa serietà sarebbe peraltro la causa del dietrofront dell’azienda. Sconcertato il segretario della Fim CISL, Giuseppe Farina: “E’ una notizia contraddittoria rispetto agli impegni che Marchionne stesso aveva preso presentando a Palazzo Chigi il progetto Fabbriche Italia. Quasi che la Fiat avesse interesse ad esasperare degli ostacoli sindacali che in verità non ci sono”. Di un pretesto parla anche Maurizio Landini della Fiom Cgil, che denuncia: le reali motivazioni della Fiat sarebbero ben altre. “In Serbia abbiamo scoperto che la fabbrica è stata costruita e pagata dal Governo serbo, che per 10 anni la Fiat non pagherà le tasse, che il Governo serbo dà un contributo alla Fiat per ogni assunzione che fa e che in più c’è un finanziamento della Banca Europea e del Governo serbo per i futuri investimenti”. Il rischio dunque è che, con la scusa delle tensioni sindacali, la Fiat stia portando avanti un cambio di strategia che avrebbe, come prima grande conseguenza, l’indebolimento della struttura dell’auto in Italia, ridotta a stagnante periferia produttiva. A questo, conclude Landini, si aggiunge anche un altro motivo di preoccupazione: che, complice l’aria di smobilitazione, passi anche il messaggio che “per produrre in Italia bisogna abbassare diritti e condizioni, fino ad arrivare ai licenziamenti ingiustificati”. Leggi Melfi, Mirafiori e Termoli.
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